In bilico sul tubo millenario

Sabato 29 giugno 2013. In viaggio: giorno 122. In Turchia: giorno 11. A piedi: giorno 39.

Via Licia: giorno 6. Da Xanthos a Akbel, 21km (+4km).

Ho fatto un errore. Inutile, intempestivo, stupido. Immaginiamo un bel collinone al quale ci avviciniamo dal punto A. Il punto B è esattamente dalla parte opposta e bisogna raggiungerlo per continuare il cammino verso il prossimo paesello, dove ci aspetta un bel pasto corroborante. Il sentiero, con i soliti segnavia bianco-rosso sbiaditi, aggira il collinone da destra. Non segnata da nessuna parte – né mappa ufficiale, né tracce GPS – esiste anche una variante segreta, con segnavia nuovissimi, che aggira da sinistra. Una volta arrivato in A, non mi sono accorto della nuova traccia, e giustamente ho continuato tranquillamente su quella ufficiale. In B è successo il guaio. Il segnavia sbiadito che porta al villaggio risulta invisibile, mentre è invece bello splendente quello della variante, che fra l'altro, almeno inizialmente, tiene una direzione quasi corretta. Per nulla insospettito, ho ovviamente preso a seguire la variante a ritroso, senza accorgermi del lento e continuo voltare dalla parte sbagliata. Una volta tornato in A, non contento, non ho riconosciuto il paesaggio già visto e, furbamente, ho cominciato a ridiscendere la salita che parecchio tempo prima avevo superato con tanto sudore. Per fortuna dopo una decina di minuti di discesa ho notato un albero di traverso sul sentiero e, grazie al deja vu, ho capito l'errore. Oltre un'ora persa a girare in tondo, 4km di tratto infernale regalati, e ritardo clamoroso rispetto all'obbiettivo di smettere di camminare entro le 11. Non so dire quanto l'errore fosse evitabile. Credo che una volta arrivato in B, chiunque imboccherebbe la variante a ritroso. Tutto sta nel rendersi conto dell'errore il prima possibile. Mi sono fidato troppo del sentiero (finalmente) ben segnato e per un bel pezzo non ho consultato né il GPS, né il mio senso dell'orientamento, rilassato in altri pensieri. Non so nemmeno che lezione trarne; non posso sempre stare all'erta, dubitare dei segnavia, controllare continuamente bussola o GPS… mah.

Si passa proprio sull'acquedotto, come fosse un ponte.

Oltre che per l'involontario girotondo, ricorderò sempre la tappa di oggi per la scelta dei tracciatori di seguire a ritroso, per chilometri e chilometri, l'antico acquedotto che portava l'acqua a Xanthos. E quando dico seguire, intendo non solo camminarci sopra, ma proprio dentro ai resti del tubo di pietra dove scorreva l'acqua. Può darsi che dal punto di vista della conservazione del bene storico non sia esattamente una buona idea; in molti punti le pietre cominciano infatti a mostrare i segni dei passi dei camminatori. Tuttavia, si tratta di un'esperienza unica. Inizialmente si tratta appunto di resti. Poi, si comincia a notare un po' di fanghiglia umida. Verso la fine l'acqua scorre ancora, come secoli e secoli fa, solo che a un certo punto viene deviata verso un villaggio moderno.

Passa ancora l'acqua...

L'unico posto per dormire a Akbel è un moderno ed elegante complesso di bungalow, prato all'inglese, ulivi, e piscina. Visto il fine settimana, non c'è posto letto per me, ma i gestori mi hanno dato il permesso di montare la tenda dove mi pare e di usare i vari servizi: bagno, doccia, piscina. Il tutto gratis: grazie! Ah, questo bellissimo posto (vedi foto) si chiama Hidden Garden.

Giardino e piscina Hidden Garden.

 

Riposo a Xanthos

Anfiteatro e agorà viste dall'acropoli. Sullo sfondo... le serre dei pomodori.

Venerdì 28 giugno 2013. In Viaggio: giorno 121. In Turchia: giorno 10. A piedi: giorno 38.

Via Licia: giorno 5. Giornata di riposo a Xanthos, con visita alle rovine.

Una giornata di riposo ci voleva. Anche se stamattina ho camminato sotto al sole fra le rovine per alcune ore, ora mi sento recuperato e pronto per domani. Tanto per stare sul sicuro, mi alzerò alle 5, prima dell'alba, e cercherò di arrivare a destinazione entro le 11. Se ho calcolato bene i tempi, dovrei farcela.

Particolare dell'anfiteatro.

L'antica città di Xanthos, come scrivevo ieri, è stata un importantissimo centro della Licia, e si vede. Sei chilometri di mura, anfiteatro, mercati, templi assortiti e chiese, bagni pubblici e piscina olimpionica. Qua e là, pietre con iscrizioni misteriose, talvolta in lingua licia, talvolta in greco. C'è anche un famoso monolite con incise le stesse frasi, una lingua diversa su ogni lato. Non voglio però perdermi in spiegazioni da guida turistica, quindi mi limiterò a pubblicare alcuni degli scatti di questa mattina.

Una delle iscrizioni misteriose, su una pietra riciclata per costruire un muro (la foto è ruotata di 180 gradi).

Particolare del monolite. Credo si tratti del lato con il testo in lingua licia.

 

Quattro rovine e tanti pomodori

Giovedì 27 giugno 2013. In viaggio: giorno 120. In Turchia: giorno 9. A piedi: giorno 37.

Via Licia: giorno 4. Da Gavurağılı a Xanthos, 16km.

Sulla mappa appare spesso un simbolo formato da tre pallini neri che, stando alla legenda, dovrebbe indicare la presenza di rovine. Durante i primi tre giorni di cammino ho sfiorato parecchi di questi siti, senza però notare nulla di particolare, se non al massimo qualche anonimo muretto mangiato dalla vegetazione. Oggi la musica è cambiata, finalmente ho camminato in mezzo ai resti di alcune delle più importanti città dell'antica Licia. Ecco le quattro rovine di oggi.

Rovine di Pydnai, viste dall'alto.

Prima rovina: Pydnai

Un grande quadrato di mura, con torrette e fortificazioni, già ben visibile dall'alto lungo il sentiero (vedi foto). Sentiero che poi entra fra le rovine, dove oggigiorno c'è solo bassa vegetazione dominata da ulivi e querce secolari. Le condizioni dei muri e delle torrette mi sembrano a dir la verità troppo buone per avere oltre 2000 anni. L'impressione è che si tratti delle rovine di un castello medioevale, ma vedrò di approfondire più avanti quando avrò una connessione a internet decente.

A Letoon.

Seconda rovina: Letoon

La presenza della classica comitiva di giapponesi mi fa immediatamente capire che il sito è famoso. In effetti, l'anfiteatro, il tempio, la distesa di colonne spezzate dai terremoti, rappresentano il primo vero e proprio sito archeologico della Via Licia. Non capisco se per incuria o per preservarlo meglio, una buona parte del sito è allagata, con tanto di paperelle. Pur nella diversità, questo luogo mi richiama alla memoria le rovine di Olimpia, in Grecia.

Anfiteatro a Letoon.

Terza rovina: Xanthos

Una delle capitali della Licia. Una vera e propria città che, nel corso della storia, è stata appunto capitale della Licia, poi è stata conquistata dai persiani, secoli dopo dai romani, per poi essere abbandonata intorno al settimo secolo. Oggi non ho tempo di visitarla per bene, anche perché sono arrivato bollito. Recupererò domani.

Quarta rovina

La quarta rovina sono io. La tappa di oggi, pur essendo altimetricamente quasi piatta, è un disastro dal punto di vista della navigazione. Lunghissimi tratti senza segnavia; mappa decisamente poco precisa; punti critici con strade non segnate. Da Pydnai alla spiaggia, breve tratto che comunque va classificato come infernale, i segnavia sono così scoloriti da essere quasi del tutto invisibili. Senza GPS oggi non avrei trovato la strada giusta e avrei perso una montagna di tempo.

Tratto di strada massacrato dal sole.

Il sole picchia più che mai e le condizioni sono decisamente di caldo torrido. Il tratto pianeggiante dalla spiaggia a Letoon, percorso poco dopo mezzogiorno, è stato particolarmente duro per la mancanza di ombra. D'ora in poi è proibito mettersi in cammino dopo le 11, pena seri rischi per la salute. Ho deciso che domani mi fermerò tutto il giorno qui a Kınık, con l'idea di visitare con calma le rovine di Xanthos.

Simpatico amico che mi ha attraversato la strada.

Un aspetto che mi ha colpito di questa zona piatta piatta è l'incredibile distesa di serre di pomodori. Bruttissime a vedersi, è però evidente che per gli abitanti della zona tutto gira intorno ai pomodori. Incredibili i cartelloni pubblicitari; tutti, ma proprio tutti, dedicati esclusivamente a decantare le magiche caratteristiche delle differenti sementi di pomodoro (vedi foto).

 

Via Licia, terza tappa

Mercoledì 26 giugno 2013. In viaggio: giorno 119. In Turchia: giorno 8. A piedi: giorno 36.

Via Licia: giorno 3. Da Gey a Gavurağılı, 18km.

A febbraio, prima di partire, elencavo gli obiettivi che mi ero prefisso per la tappa in Turchia:

Il programma è di … spostarmi poi al punto d'inizio della Via Licia, con l'intenzione di percorrerne a piedi almeno i primi 100km.

In teoria, avrei tempo a sufficienza per camminare tutta la Via Licia, ma ho come l'impressione che dovrò limitarmi al piano iniziale. Da quando sono in Turchia, il tempo è sempre stato perfetto; neanche una nuvola, cielo blu, sole che picchia. Mentre i primi giorni la temperatura era piacevolmente fresca, ora ogni giorno trovo qualche grado in più. Questa mattina alle 8 c'erano già 33°C; alle 11 secondo me si sfioravano i 40°C. Finché il cammino è nel bosco o comunque presenta zone ombreggiate, posso continuare a muovermi senza troppi problemi, ma una caratteristica ricorrente della Via Licia è quella dei tratti che definirei “infernali“.

A termine del tratto infernale, qualche pianta e un po' di ombra, finalmente.

Sentiero ripido, da capre, richiesta concentrazione massima per trovare i segnavia bianco-rossi, spesso poco o per nulla visibili finché non li si calpesta. Vegetazione limitata a pochi cespugli, nessuna ombra. Sia ieri, sia oggi, ho incontrato lunghi tratti infernali. Ad esempio, oggi dalle 11 alle 12:30, senza tregua alcuna, da Belceğiz a Gavurağılı (7km, 800m di dislivello in discesa). Se la temperatura dovesse alzarsi ancora, temo che potrebbe diventare pericoloso avventurarsi in solitaria per ore lungo tratti simili senza protezione alcuna dal sole. Al momento, credo che le uniche finestre temporali sufficientemente fresche per affrontare tratti infernali siano dalle 5:30 alle 7, e dalle 19:30 in poi.

Che fare, quindi? Boh, improvviserò. Intanto domani ho una tappa in larga parte pianeggiante, quindi procederò secondo tabella, poi si vedrà. In generale, credo mi prenderò alcuni giorni di pausa e riposo ogni volta che mi imbatterò in posti particolarmente belli. Certo, se dovesse rinfrescare, confermo Via Licia integrale.

Terza tappa

Ieri a Gey ho dormito qui, all'aperto, sul tetto di un mini-market.

Da Gey a Bel il sentiero attraversa pascoli e terrazzamenti che potrebbero essere molto rilassanti. Peccato che i segnavia siano proprio bastardi. Mille volte mi sono trovato in una selva di sentierini senza riuscire a capire quale fosse quello giusto. L'unica è di provarli tutti finché non si ritrova il famigliare segno bianco-rosso da qualche parte. Sembra quasi che i tracciatori abbiano fatto apposta: il segnavia successivo è spesso appena mezzo metro oltre il limite della visibilità dal precedente, costringendo il camminatore a tediosi avanti-indietro. Questo tratto, pur bellissimo, sarebbe da classificare come infernale, ma fortunatamente l'ho affrontato di prima mattina, quando il sole era ancora nascosto dietro la montagna.

Molto più tranquillo dal punto di vista della navigazione il tratto fino a Belceğiz, villaggio di due case, apparentemente disabitato (o quasi). Querce e ulivi, antichi terrazzamenti, qualche capra, ambiente ideale per una pausa e per la mia dose di marzapane, prima dell'ultimo tratto infernale della giornata, la lunga e tosta discesa verso Gavurağılı.

Al mio arrivo in paese, noto una casa bellissima con giardino, ulivi, prato verde ben curato. La padrona di casa, una ragazza giovane giovane ma già sposata con figli, mi aspetta sulla soglia e con un sorrisone mi invita per un çay (the turco). Scopro così che stanno trasformando la parte più nuova della casa in pensione per camminatori e che, per 20 euro, posso avere stanza, pranzo, cena e colazione. Accetto all'istante e devo dire che ho fatto bene. Miglior cibo trovato in Turchia, finora.

Oggi mi sono fermato qui.

Verso sera, passeggiata fino alla spiaggia, che posso godere in esclusiva, unico turista. Nonostante l'ora tarda e l'assenza dello zaino, una sudata infinita, segno che anche alle 18:30 le temperature non scherzano per nulla in Turchia.

 

Nel giardino degli ulivi

Martedì 25 giugno 2013. In viaggio: giorno 118. In Turchia: giorno 7. A piedi: giorno 35.

Via Licia: giorno 2. Da Faralya a Gey, 24km.

La prima spiaggia del cammino: Kebak.

Dopo il riposo di ieri, oggi ho voluto provare a fare una tappa impegnativa. Mi interessava scoprire l'effetto della torrida estate turca su chi si muove a piedi. Posso puntare a tapponi tipo quelli dell'anno scorso lungo il cammino di Santiago di Compostela (30km – 35km al giorno)? Devo limitare le forze e riposare durante la parte centrale della giornata? L'esito non mi è chiaro. Quella che sulla carta sembrava una tappa relativamente tranquilla – 24km – in realtà è stata molto dura. Non solo per i dislivelli, 1500m in salita, 1100 in discesa, ma anche per il terreno, in alcuni tratti piuttosto infido. Ora sono allegramente distrutto, anche perché mi sono fermato solo fra le 12:30 e le 15:00, camminando quindi per ore sotto un sole feroce. Per i prossimi giorni credo dovrò allargare parecchio la pausa pranzo, altrimenti rischio di schiattare.

L'allegro villaggio di Alinca, quattro case di numero e una locanda che apre solo quando ci sono clienti.

Il momento peggiore è stato quando sono arrivato ad Alinca, verso le 12:30, bollito e affamato come un lupo. Sapevo dell'esistenza di una locanda, e già mi sognavo di pasteggiare e riposare per ore. Solo che non c'era nessuno, chiusa. Preso da sconforto, mi sono seduto all'ombra della casa e ho aperto il cibo d'emergenza: anacardi, albicocche secche, e rotolini di marzapane turco. Per fortuna i vicini di casa mi hanno notato e si sono affrettati ad aprire il ristorante. Un sollievo. Ah, la cuoca della locanda è la figlia della cuoca di ieri a Faralya; tutti parenti da queste parti.

Ancora sulla spiaggia di Kabak.

Questa mattina ho bagnato per la prima volta i piedi nel mare. Sono infatti sceso fino alla spiaggia di Kabak, in mezzo ai tanti turisti che hanno passato tutta la notte all'aperto in riva al mare. Stavano ancora dormendo alla grande e mi sono quindi infilato in acqua senza fare rumore. Dalla spiaggia ad Alinca è tutto un salitone (quasi 800m di dislivello), prima nel bosco, poi allo scoperto. A far bene sarebbe meglio fermarsi verso le 11 del mattino e ripartire dopo le 16:30.

Dopo Alinca, la Via Licia impazzisce un po'. Pur di evitare un paio di chilometri di strada asfaltata, scende di brutto per una rampa un po' esposta, a picco sul mare, per poi risalire in modo altrettanto brusco. Sembra una scelta un po' demenziale, ma forse i tracciatori non hanno avuto tutti i torti. Le viste sul mare sono infatti splendide e in un paio di occasioni mi sono dovuto fermare in ammirazione (ok, ero anche cotto e mi sono seduto all'ombra di uno dei pochi alberi…).

Poco prima di Gey ho trovato un altro luogo estremamente suggestivo. Alcuni terrazzamenti, grandi ulivi, il mare in lontananza, nessuno in giro, solo i grilli. In questi giorni di silenzio e pace sto trovando l'occasione di riflettere molto, ma nel giardino degli ulivi ho avuto un momento di lucidità durante il quale tutto sembrava andare al suo posto. Un giorno mi piacerebbe tornarci.

 

Antipasto di Via Licia

La Via Licia inizia qui.

Lunedì 24 giugno 2013. In viaggio: giorno 117. In Turchia: giorno 6. A piedi: giorno 34.

Via Licia: giorno 1. Da Ovacık a Faralya, 13km.

Il primo dei tanti segnali bianco-rossi che identificano la Via Licia.

Ho ricominciato a camminare, evviva. La Via Licia a piedi è l'ultimo capitolo del mio giro del mondo, ma fortunatamente è bello ricco di pagine. Oltre 500 chilometri, da Ovacık a Hisarçandır, lungo la costa e attraverso i monti dell'antica regione della Licia.

Come ho già scritto, purtoppo il libro-guida ufficiale in inglese è esaurito e mi dovrò quindi arrangiare con la versione in turco. La lettura della mappa è universale, ma purtroppo i capitoletti dedicati alle varie tappe risultano quasi del tutto indecifrabili. Intuisco che il testo è ricco di indicazioni del tipo “dopo la fontana, gira subito a destra per il sentiero poco visibile, non lasciarti ingannare da quello più largo“. Tuttavia, grazie al mio fido GPS, conto di non perdermi troppo spesso. Peccato invece per i riquadri con le indicazioni storiche, particolarmente importanti per apprezzare al meglio i tanti siti archelogici che incrocerò lungo il cammino.

Come arrivare a Ovacık, punto di partenza della Via Licia

Esistono varie soluzioni possibili, ma in questo paragrafo descrivo solo quella che ho scelto. Da Istanbul SAW ho volato fino all'aeroporto di Dalaman, una faccenda di una cinquantina di minuti. Dopo l'arrivo di ciascun aereo, dall'aeroporto di Dalaman partono due autobus: uno porta a Fethiye, circa 70km più a est, l'altro… boh, non importa. Il biglietto costa circa 4 euro, anche se i tassisti vampiri appostati all'uscita del terminal la raccontano diversa (nell'ordine: l'autobus non esiste; non parte; parte fra due ore; costa tanto; è lento…). Vogliono ovviamente convincere i turisti a muoversi in taxi, per la modica cifra, fino a Fethiye, di 40 euro.

Da Fethiye a Ovacık ci sono 7km di strada in salita. Visto che il mio albergo si trovava in una stradina secondaria, ho optato per un taxi. Può darsi esistano altre opzioni, ma non ho indagato oltre. Il mio tassista è riuscito a perdersi e a perdere tempo, portando il tassametro fino a 20 euro. Quando è arrivato alla piazza principale del paese, punto di partenza del cammino, il tassametro segnava 12 euro.

Prima tappa

Fra colazione tardiva e alcune faccende da sistemare, sono partito tardi, molto tardi, verso le 9, quando il sole già cominciava a picchiare. Su terreno facile e aperto, il primo tratto sale piuttosto ripido, con stupendi scorci sulla spiaggia di Ölü Deniz (vedi foto). La mappa molto opportunamente segnala tutte le fonti d'acqua e mi consola notare che in buona parte dell'intera Via Licia ce n'è una ogni pochi chilometri. Si tratta quasi sempre di vere e proprie fontane e sembra che al momento non ci sia penuria d'acqua.

Spiaggia di Ölü Deniz.

Raggiunto il punto più alto dopo un paio d'ore di sudore estremo (devo bere mezzo litro d'acqua ogni 30 minuti), inizia una lunga e piacevole discesa che porterebbe fino al mare. Verso ora di pranzo però passo da Faralya, circa 400m di quota, tranquillo paesino con vista mare. C'è una bella pensioncina, una brava cuoca, giardino ombreggiato con comodi divanetti… insomma, questa notte mi fermo qui. Tappa breve quindi, ma va bene così. Nessuno mi corre dietro e, effettivamente, il libro segnala come primo punto-tappa proprio Faralya.

Sul percorso non ho incontrato nessuno, siamo fuori stagione per camminare lungo la Via Licia. Poco fa sono però arrivati due ragazzi francesi, anche loro con zainoni. Hanno pochissimi giorni a disposizione e quindi non percorreranno tutta la via, ma credo che avremo occasione di conoscerci meglio a cena e, forse, i prossimi giorni.

Fiori sul sentiero.

 

In viaggio da 100 giorni: Machu Picchu!

Venerdì 7 giugno 2013. In viaggio: giorno 100. In Perù: giorno 9. A piedi: giorno 33.

Salkantay Trek: giorno 5. Visita di Machu Picchu (2453m).

E' solo una coincidenza, ma il mio centesimo giorno di viaggio è stato assolutamente memorabile, da tanti punti di vista.

Inutile negare che avevo delle aspettative su Machu Picchu. O meglio, dei pregiudizi. Non avevo mai approfondito la questione e, dalle classiche foto che si vedono ovunque, mi aspettavo che si trattasse di una postazione dalla quale osservare – da lontano – i resti di una città Inca. Mi immaginavo una terribile coda per arrivarci, pochi istanti per godersi la vista, e una lunga via di ritorno. Per fortuna, la realtà è molto meglio.

E' vero che ci sono i resti di una città Inca, l'unica città che non è mai stata raggiunta e depredata dai conquistaori spagnoli. E' vero che ci sono delle postazioni dalle quali scattare le classiche fotografie da cartolina. Si può però anche camminare con tutta calma nella città, fra le case, i templi, le scuole, le fabbriche, i terrazzament agricoli, gli osservatori astronomici. E il tutto nella spettacolare cornice formata dalle montagne circostanti, molto puntute e ricoperte di fittissima vegetazione, a partire dal monte Machu Picchu (poco più di 3000m) e dalla cima Wayna Picchu (circa 2700m). La città è stata costruita sulla sella fra le due cime e il suo vero nome non è noto. Convenzionalmente è stata chiamata come la vicina montagna, a partire dalla sua scoperta nel 1911.

Zeno e Celine appena tornati dal Wayna Picchu.

Anna e Hendrik appena tornati dal Wayna Picchu.

Siamo sempre i soliti sei camminatori, più Sabino che, oltre a essere guida di trekking, ha anche tutte le certificazioni come guida ufficiale del sito di Machu Picchu. A quanto ho capito, Sabino è anche insegnante di storia (non mi è chiaro se nelle scuole superiori, all'università, o in altro ente) e, addirittura, fra qualche mese uscirà nelle librerie di tutto il Perù una sua opera dedicata alla civiltà Inca e ai principali siti archeologici.

Per visitare Machu Picchu è necessario effettuare tutta una serie di pronotazioni, alcune anche piuttosto salate, con largo anticipo. Chi vuole, previa ulteriore prenotazione e obolo di 15 dollari, può anche salire fino in cima al Wayna Picchu, ma c'è un limite di 400 persone al giorno. Purtroppo Steffi e io ci siamo iscritti al trekking all'ultimo minuto, quando i posti per l'opzione Wayna Picchu erano già esauriti.

Con Steffi durante la visita guidata di Sabino.

Mentre gli altri salivano la cima, Steffi e io abbiamo potuto fare una visita guidata personalizzata di oltre due ore e mezza in compagnia di Sabino, scoprendo molti dettagli di estremo interesse, quasi da addetti ai lavori. Grazie Sabino!

Mentre Sabino ripeteva la visita guidata per gli altri appena tornati dalla cima, abbiamo avuto alcune ore libere a disposizione per esplorare autonomamente il sito. Per prima cosa abbiamo trovato il punto esatto da dove si gode della classica vista da cartolina. Che soddisfazione. Poi, ci siamo avviati con calma verso Intipunku, il cancello del Sole (Sungate), il passo da dove i visitatori che seguono l'antico cammino Inca avvistano per la prima volta la città. Circa 40 minuti di salita, meno turisti, e la possibilità di sedersi su una delle terrazze per ammirare dall'alto e in tutta calma le rovine e il paesaggio circostante.

Sono molto grato a Steffi per i bellissimi momenti insieme. Anche ripensandoci ora, a distanza di qualche giorno, resto stupito dagli argomenti che siamo andati a toccare, con un'intesa e una naturalezza davvero fuori dal comune. Quando la sera a Cusco è arrivato il momento di dirsi addio, è stato decisamente doloroso.

Costruzione a Intipunku (Sungate).

 

Paesaggi industriali

Giovedì 6 giugno 2013. In viaggio: giorno 99. In Perù: giorno 8. A piedi: giorno 32.

Salkantay Trek: giorno 4. Da Llactapata (2700m) a Aguas Calientes (2050m).

Dovevo aspettarmelo. Un paese chiamato Hidroelectrica ha buone probabilità di non essere esattamente un gioiello immerso nella natura. Rotaie, tubi che scendono dalle montagne, distese di Caterpillar, silos. Le poche case sono esclusivamente ristoranti per i turisti che si avvicinano a Aguas Calientes, nostra destinazione odierna.

La discesa da Llactapata, per quanto ripida, è filata liscia, in mezzo alla foresta e alle coltivazioni di caffè. Nulla lasciava presagire l'imminente cambio di paesaggio. Si vedeva solo la montagna e una bella cascata impetuosa. Sabino ci ha pazientemente spiegato il funzionamento della centrale idroelettrica: il tubo giallo, il tubo verde, la cascata artificiale per l'acqua in eccesso, le turbine… a parte la cascata, tutto invisibile dalla piazzola dove abbiamo fatto la merenda di mezza mattina. Pochi minuti dopo, svoltato l'angolo, abbiamo trovato le prime comitive di turisti in coda al checkpoint, nonché il paesaggio industriale descritto sopra.

Dopo pranzo abbiamo dovuto salutare i nostri bravissimi cuochi; d'ora in poi mangeremo infatti in ristoranti o per conto nostro. Per l'occasione, a colazione sono riusciti a cucinare una bellissima e buonissima torta (vedi foto), usando esclusivamente il solito fornelletto a gas… come avranno fatto?

Zeno impegnato a camminare sulle rotaie.

Il programma del pomeriggio prevede di spostarsi da Hidroelectrica a Aguas Calientes a piedi lungo le rotaie, stando ovviamente ben attenti a non farsi travolgere dal treno che di tanto in tanto passa. Nonostante i numerosi gruppi di camminatori, il cammino è interessante. Oltre a dover tenere alta l'attenzione a causa del possibile arrivo del treno, una forte pioggia ci ha accompagnati per le ultime due ore. Mi ha divertito notare il diverso comportamento. I tre amici tedeschi e io, spaventati da tanta acqua, abbiamo messo le ali, cercando di forzare le tappe e annullare le pause. Zeno e Celine invece, da bravi scozzesi, sono rimasti colpiti da quanto la pioggia fosse calda e… se la sono goduta in tutta calma. Grandi!

Aguas Calientes è il punto di partenza per chi vuole raggiungere Machu Picchu, e si vede. Il paese fino a non molti anni fa nemmeno esisteva, mentre ora sembra la piazza dei fast food di Gardaland: colori, neon, tutto finto, prezzi stellari. Questa sera cena al ristorante e notte in albergo (di buona qualità), tutto già comperso nel prezzo del trekking. Domani ennesima sveglia all'alba e… Machu Picchu!

Sul punte ferroviario.

Aspirante suicida?

 

Primo contatto con Machu Picchu

Sito archeologico di Llactapata.

Mercoledì 5 giugno 2013. In viaggio: giorno 98. In Perù: giorno 7. A piedi: giorno 31.

Salkantay Trek: giorno 3. Da La Playa (2100m) a Llactapata (2700m).

Anche se sulla carta la tappa di oggi sembrava molto corta, in realtà è risultata piuttosto impegnativa, tanto da stimolare la classica crisi del terzo giorno in alcuni compagni di cammino. Un bel salitone ripido, dai 2100m del campo fino ai 2900m del passo. Quasi tre ore lungo un sentierino nella foresta, attraversando bellissime coltivazioni di caffè, frutti della passione, banane, e molto altro.

La salita risulta particolarmente interessante perché lunghi tratti seguono un antico cammino Inka. Pavimentazione di pietra, muretti ai lati, scalini altissimi e molto faticosi da superare. La statura media in Perù (sia quello moderno, sia quello antico) è piuttosto bassa e non capisco perché abbiano costruito scalini del genere… forse per fare più fatica?

Primo sguardo verso Machu Picchu

Subito dopo il passo si arriva nel sito archeologico di Llactapata che, oltre a essere spettacolare di suo, offre un'eccellente vista verso il famosissimo sito di Machu Picchu. Davvero un'emozione incredibile avvistare per la prima volta, anche se ancora da lontano, un luogo tanto celebrato. Llactapata assume un significato particolare se si pensa che gli abitanti di Machu Picchu, una volta ricevuto l'ordine di evacuare a causa dell'imminente arrivo degli spagnoli, si sono trasferiti proprio qui. Estasiati dalla magia del posto, ci siamo seduti per terra, occhi fissi sulla montagna vicina, cullati dal prato e dal sole.

Poco sotto, a quota 2700m, un edificio costruito apposta per i camminatori, con perfetta vista verso Machu Picchu e un bel prato per le tende. Nel corso del pomeriggio libero ci siamo dedicati a riposare le membra, a giocare a carte, a chiacchierare amabilmente… ah, che vita!

Un tratto della discesa di ieri.

Casetta tipica nella foresta.

 

Discesa e foresta

Martedì 4 giugno 2013. In viaggio: giorno 97. In Perù: giorno 6. A piedi: giorno 30.

Salkantay Trek: giorno 2. Da Huayracmachay (3800m) a La Playa (2100m).

Orchidea selvatica che spunta da un tronco nella foresta.

Dopo una notte difficile a causa di un fastidioso mal di testa probabilmente dovuto all'altitudine, la sveglia alle 5 del mattino è stata certamente gradita. Tanto più che Sabino ci ha svegliati con una bella tazza fumante di the di coca e una bacinella d'acqua calda per lavarci: gran lusso.

Quella di oggi è la tappa più lunga di tutto il cammino, ma essendo quasi tutta in discesa la affrontiamo molto rilassati, chiacchierando in continuazione, approfondendo quindi la conoscenza con i compagni d'avventura.

Passiamo dall'ambiente desolato dell'alta quota alla cloud forest, per poi attraversare anche la tropical forest. Grande variabilità di ambienti, piante, animali, temperature, e tutto nel giro di poche ore a piedi. Sabino è sempre molto premuroso nell'indicarci i nomi delle piante e degli animali, rendendo interessante ogni nostro passo. Avvistiamo parecchi tipi di orchidee selvatiche, uccelli coloratissimi, piante da frutto, mirtilli, distese infinite di fragoline di bosco. Incredibile che da queste parti le palme arrivino fino a 2800 metri di quota.

Un improbabile shopping center nel mezzo della foresta. Inizialmente abbandonato, dopo poco arriva una ragazza che ci vende Inka Cola e passion fruits.

Organizzazione e qualità dei cibi sempre eccellenti, è un piacere trovare il campo perfettamente allestito quando arriviamo. A ora di pranzo abbiamo salutato i cavalli; fino a La Playa esiste infatti una strada e i materiali viaggeranno in auto.

Fortunatamente siamo graziati dalla pioggia, che inizia a cadere copiosa solo dopo il nostro arrivo. Durante la cena siamo assaliti da pulcini, gatti e piccoli tacchini, tutti molto interessati al nostro cibo… mica scemi.

Anche Steffi, la compagna di cammino tedesca, scrive regolarmente un diario di viaggio online. Ecco il link (in inglese). In particolare, ecco il post che dedica al Salkantay Trek (ricchissimo di fotografie).