Una settimana a Kalkan

Lunedì 8 luglio 2013. In viaggio: giorno 131. In Turchia: giorno 20.

Tutti gli edifici di Kalkan sono nuovi e lussuosi: alberghi, pensioni, e un’infinità di villette con piscina da affittare ai turisti. Non ho idea di dove possano abitare gli autoctoni, ma secondo me molti sono pendolari di qualche paesino dei dintorni. L’aria è quella di un enorme villaggio turistico, frequentato quasi esclusivamente da inglesi britannici. Ci sono viuzze con negozi di souvenir, bar e ristoranti costosetti ovunque, e non mancano locali dedicati a trasmettere su grande schermo gli eventi sportivi di maggior interesse per gli inglesi (in questi giorni, tennis, calcio e Formula 1). La spiaggia di ciottoli, pur essendo piccolina – circa 400 metri di lunghezza – regala una mare davvero trasparente e pulito, azzurro chiaro dove si tocca, blu scuro più in là. Mi aspettavo che l’acqua fosse caldissima, un brodo, ma in realtà è piuttosto fredda; l’ideale per rinfrescarsi di tanto in tanto. Metà spiaggia è libera, l’altra metà è attrezzata, ma a prezzi davvero accessibili. Ad esempio, un ombrellone e una sdraio per l’intera giornata a 2 euro.

Il mio piano era di fare vita di spiaggia… ma non sono capace di stare fermo. Ho resistito poco più di mezza giornata e poi mi sono messo alla ricerca di cose da fare: escursioni, camminate, gite. Fortunatamente, la zona si presta molto e, appoggiandomi a UnlimitedHolidays, un’agenzia di viaggio locale che ho trovato efficiente e professionale, ho esplorato i dintorni. Di seguito, qualche breve nota su quel che ho fatto, tanto per non dimenticare.

Kapitaş Beach

Kapitaş Beach.

Il gestore dell’albergo mi ha consigliato molto caldamente di provare questa spiaggia che si trova allo sbocco di un profondissimo canyon. Spiaggia famosissima in zona, è molto frequentata e c’è un regolare servizio di autobus che tutto il giorno fa avanti e indietro dalla città. Ovviamente io mi sono mosso a piedi, sotto il sole, lungo l’autostrada. Sette chilometri all’andata, sette al ritorno. Una bella sudata, ma ne valeva la pena. Fino a non molto tempo fa era possibile risalire a piedi il canyon, ma recentemente è crollata una parte del sentiero. Non me la sono sentita di appendermi, fuori dalla vista di tutti, alle rocce friabili, con il rischio di fare un volo di una ventina di metri. Magari in futuro ripristineranno una via d’accesso più sicura.

La città sottomarina di Kekova

Un’antica città licia, importante centro commerciale, sulle sponde di un’isola. Molti secoli fa, un terribile terremoto che ha fatto sprofondare l’intera isola di 6 metri. Risultato, buona parte della città è finita sott’acqua. Bella gita in barca, con vista sulle rovine sommerse. Oltre all’aspetto culturale, la barca si è fermata anche in cinque splendide baie per consentire ai passeggeri di nuotare liberamente nelle acque cristalline, a contatto con le enormi tartarughe marine che abbondano da queste parti. Nonostante l’acqua profonda diversi metri, ho provato a nuotare anch’io, per la prima volta della mia vita dove non si tocca. Una certa soddisfazione, anche se non mi sono mai allontanato dalla scaletta della barca.

Il castello di Simena

Come in molti altri siti dell’antica Licia, la varie culture che si sono succedute nel corso dei secoli hanno tutte lasciato qualche traccia. Il castello è una fortificazione in cima a una collina che domina la città sommersa di Kekova e il complesso di isole che stanno tutt’intorno. Le fondamenta risalgono ai lici, poi ci sono pezzi romani, greci, bizantini, ottomani, turchi, fino ad arrivare ai cannoni puntati verso il mare (vedi foto). Appena fuori dalle mura, ecco l’immancabile necropoli, con i classici sarcofagi di epoca licia, caratterizzati da un tetto a forma di barca rovesciata, utilissima per navigare nell’oltretomba.

Necropoli di Simena.

Saklikent Canyon e tappeti

Il secondo canyon più lungo d’Europa – 18km – si può risalire a piedi, bagnandosi un po’, per circa un’oretta. Poi l’acqua diventa troppo alta e impetuosa e bisognerebbe arrampicare sulle pareti strapiombanti ed estremamente levigate del canyon. Ambiente spettacolare, fresco, anche se decisamente bagnato. Divertente salire le roccette, sempre investiti dal torrente che nei secoli ha scavato questo profondo taglio nella roccia.

Dopo il Saklikent, il tour prevede una visita presso una cooperativa che produce e commercializza tappeti (vedi foto). Ancora traumatizzato dall’esperienza del piatto di ceramica, quando il primo venditore mi ha approcciato chiedendomi quale fra i tappeti appena presentati mi piaceva di più, ho subito risposto: “Beh, sa, sono un tipo un po’ particolare. Odio i tappeti, non li posso vedere, mai e poi mai ne piazzerei uno a casa mia…“. A parte che la mia avversione per i tappeti è reale e ben nota a chi mi conosce bene, il tipo ha reagito in modo strano. Si è messo a ridere e, rilassato, ha iniziato a raccontarmi di quando vendeva tappeti alla base americana di Napoli (strano posto per vendere tappeti…). Bizzarro il suo rapporto con i napoletani, da un lato il disprezzo (un po’ razzista, espresso solo dopo aver appreso della mia provenienza dal profondo nord), dall’altro l’ammirazione per le contraddizioni e la creatività.

Tlos, la città di Pegasus

A Tlos, tombe di diverse epoche a confronto.

L’ennesimo insediamento dell’antica licia, con le solite stratificazioni di epoche successive. A quanto pare Tlos era un centro sportivo, con stadio, piscina, teatro, stalle, e l’immancabile necropoli (vedi foto). La guida ad un certo punto ci ha indicato qualcosa che aveva a che fare con Pagasus, il cavallo alato, ma non ho capito di che si trattasse: una statua, un sasso, una rovina? Boh.

Direi che per questo viaggio ormai ho visto rovine antiche a sufficienza…

Il futuro

Oggi e domani ancora a Kalkan. Oggi, se resisto, vita da spiaggia. Domani, gitarella a piedi con zaino leggero fino a Bezirgan, circa 10km per 1000m di dislivello, lungo il percorso della Via Licia.

Mercoledì, partenza per Antalya, ultima città del mio viaggio. Sabato 13 luglio si ritorna a casa…

 

A picco sul mare

Martedì 2 luglio 2013. In Viaggio: giorno 125. In Turchia: giorno 14. A piedi: giorno 42.

Via Licia: giorno 9. Da Patara a Kalkan, 16km.

Con un po' di tristezza, ho deciso che la tappa di oggi sarà per me l'ultima lungo il percorso della Via Licia. Troppo caldo durante quasi tutte le ore di luce, tanto più che dopo Kalkan il cammino si impennerebbe su per lunghe salite esposte a sud, in zone povere di villaggi e punti di ristoro. Probabilmente avrei potuto continuare, ma non senza correre qualche rischio legato all'eccessiva esposizione al sole. E' un buon momento per concludere, comunque. Ho visitato le rovine più significative dell'antica Licia, ho conosciuto gli abitanti di alcuni villaggi tanto isolati da essere quasi deserti, ho toccato spiagge stupende, raggiungibili solo a piedi o via mare. Complessivamente, ho camminato per 122km, niente male. Inoltre, Kalkan è una famosa località di villeggiatura, con un mare incredibilmente trasparente e spiagge pulite. C'è un po' l'effetto turistopoli, con inglesi assortiti ovunque, ma in questo momento mi va bene così. Mi fermerò a Kalkan una settimana, per poi proseguire in autobus verso Antalya.

Ultima vista su Patara e sulla sua spiaggia di sabbia lunga 18km.

Il tratto da Patara a Delikkemer, variante sud, è meraviglioso. Quasi tutto su larga mulattiera, si muove lungo la costa, con stupende viste sul mare e sulle isole poco distanti. Pochi problemi di navigazione, l'ideale per rilassarsi e godersi il cammino.

Da Delikkemer a Kalkan la mappa è decisamente fuorviante. Sembra che inizi quasi subito una strada asfaltata e quindi mi aspettavo di arrivare in poco tempo e senza soffrire troppo il sole ormai alto. Niente di più sbagliato. La strada asfaltata non esiste e abbiamo invece il re di tutti i tratti infernali. Nessuna ombra, sole a picco, vegetazione spinosa che attacca costantemente gambe e braccia, difficoltà a seguire i segnavia. Inoltre, è l'unico tratto di tutta la Via Licia che richiede assenza di vertigini e qualche semplice passaggio di arrampicata su roccia (a strapiombo sul mare). In compenso, lo spettacolo regalato dalla natura, con insenature, baie blu e verdi, scogliere, è uno dei più impressionanti di tutto il cammino. Ricorderò sempre il contrasto fra il desiderio di fermarmi ad ammirare quello che mi stava intorno, e l'esigenza di fuggire il più in fretta possibile per non beccarmi un colpo di calore, o peggio.

Uno dei tratti più complicati, a quattro zampe su rocce a strapiombo sul mare.

Poco fa, mentre giravo per i negozietti del centro, ho beccato una mini-libreria specializzata su tutto ciò che ruota intorno a questa regione della Turchia. Con grande sorpresa, ho trovato anche la famosa guida alla Via Licia in inglese (The Lycian Way, di Kate Clow), quella che è ormai introvabile e fuori stampa. Il gestore, un simpatico signore sulla sessantina che parla un eccellente inglese, mi ha spiegato che a suo tempo ne aveva ordinate mille copie, diventando così oggi l'unico punto vendita in tutta la Turchia dove è ancora possibile reperire la guida. Buono a sapersi, anche se ormai per me è troppo tardi (ne ho comunque comprata una copia).

I prossimi giorni probabilmente diraderò i post sul blog. Mi farò comunque risentire prima del rientro definitivo in Italia.

Ecco le terribili foglioline che si infilano fra schiena e zaino.

 

Patara, spiaggia e Santa Claus

Lunedì 1 luglio 2013. In viaggio: giorno 124. In Turchia: giorno 13. A piedi: giorno 41.

Via Licia: giorno 8. Giornata di riposo a Patara, con visita alle rovine.

La visita di Patara è stata naturalmente molto interessante. Mi è piaciuto muovermi liberamente a piedi e poter così apprezzare le dimensioni davvero notevoli della città. Anche in questo caso, non intendo dilungarmi su aspetti da guida turistica e rimando alle fotografie, in particolare quella del pannello storico. Curioso il fatto che a Patara sia nato nientemeno che… Santa Claus.

Il teatro di Patara.

Qualche nota sull'edificio che ha colpito maggiormente la mia immaginazione, in particolare per quel che riguarda il recentissimo restauro (2008-2011). Si tratta della Assembly Hall of the Lycian League, una specie di parlamento dell'epoca. Fino al 1996 era completamente interrato in una collinetta. Gli scavi poi l'hanno portato alla luce, in condizioni però disastrose, da vera rovina. Gli studiosi, grazie a tecniche fotogrammetriche, hanno creato un dettagliatissimo modello tridimensionale della struttura e di tutte le pietre trovate nei dintorni. Grazie ad una simulazione, hanno individuato la disposizione di tutti i pezzi e, partendo dalle stesse cave usate all'epoca, hanno costruito copie dei blocchi di pietra mancanti e / o rovinati. Hanno ripulito e montato il tutto, creando un edificio che sembra nuovissimo, quasi fuori luogo in mezzo a tante rovine. Invece di completare il tetto, l'hanno lasciato aperto, come fosse un modellino da mostrare ai turisti. Impressionante.

Assembly Hall of the Lycian League dopo il restauro.

Interno dell'Assembly Hall of the Lycian League.

Immancabile poi, dopo il lato culturale, la visita alla poco distante spiaggia. Purtroppo il vento fortissimo che faceva turbinare la sabbia ha rovinato la giornata ai turisti, ma mi ha regalato la possibilità di camminare in solitudine lungo il bagnasciuga. La spiaggia di Patara è la più lunga di tutta la Turchia, 18km ininterrotti di sabbia, quasi del tutto senza stabilimenti balneari.

Verso la spiaggia.

Nota di servizio. All'improvviso, esattamente 10 giorni dopo l'attivazione della mia SIM dati turca, il mio cellulare non riesce più a registrarsi sulla rete. La commessa mi ha detto che sarebbe durata un mese, ma probabilmente si è sbagliata. Di fatto, d'ora in poi non potrò più collegarmi a internet in libertà, ma dovrò appoggiarmi alle reti wifi di alberghi e ristoranti.

 

Da Akbel a Patara

L'anello di Patara. Oggi ho preso il sentiero a nord. Dopodomani prenderò quello a sud.

Domenica 30 giugno 2013. In viaggio: giorno 123. In Turchia: giorno 12. A piedi: giorno 40.

Via Licia: giorno 7. Da Akbel a Patara, 14km.

La mia fantastica guida locale.

Ho acquisito la capacità di intuire se una sezione del cammino sarà infernale oppure no. Se passa lontano dalle strade, sui fianchi di una collina, attraversando torrentelli, allora è probabile che ci siano delle difficoltà. La tappa di oggi, pur essendo relativamente corta, non ha villaggi intermedi dove fare pausa e, sulla carta, promette appunto di essere tosta.

Già l'uscita da Akbel, segnata malissimo, mi costringe al solito algoritmo avanti-indietro. Per fortuna ad un certo punto uno dei tanti cani randagi si impietosisce e, sorprendentemente mi guida preciso preciso nella direzione corretta. Ogni volta che mi fermo, dubbioso per la mancanza di segnavia, l'amico randagio mi guarda, abbaia una singola volta e fa un cenno con la testa (vedi foto), come a dire: “su fidati, da questa parte“.

Una volta attraversata l'autostrada, ecco il tratto infernale. Sentiero stretto, strettissimo, con muri di piante spinose su entrambi i lati. L'ultima manutenzione / potatura deve essere stata fatta a primavera, e spesso devo tuffarmi fra le spine. Terribile un alberello molto diffuso, che porta piccole foglie spinose, tipo agrifoglio. Quando tocco i rami, nuvole di foglie secche si staccano e, inevitabilmente, alcune si infilano fra schiena e zaino, provocando improvvisi dolori simili a quelli di una puntura d'insetto. Visto che da qui non passa nessuno da giorni, tutte le ragnatele sono mie, tanto che alla fine sono coperto da un abbondante mantello bianco, dalla testa ai piedi. Unica consolazione, è mattina presto e il sole ancora non picchia troppo forte.

L'acquedotto di Patara.

Resti delle condutture.

Poco prima di Delikkemer, bella località dominata dagli ulivi, il sentiero prende a seguire l'antico acquedotto di Patara (vedi foto). Suggestivo, ma le piante spinose e le innumerevoli ragnatele mi impediscono di apprezzare.

Da Delikkemer in poi, inaspettatamente, la musica cambia. Il sentiero diventa una larga e comoda mulattiera, tira un bel venticello fresco, si passa in mezzo a uliveti e boschi verdi. Insomma, uno dei tratti più belli, facili, e rilassanti di tutto il cammino.

Arrivato a Patara verso le 11, noto subito un bell'albergo con piscina e mi fiondo. Camera con bagno, aria condizionata, piscina; probabilmente non è altro che un due stelle, ma mi sembra di sguazzare nel lusso. Stanza, colazione, pranzo, cena, bibite a volontà, il tutto per 33 euro al giorno. Mi fermerò due notti. Oggi riposo assoluto, domani visita alle rovine di Patara e vita da spiaggia. Poi ripartenza a piedi alla volta di Kalkan dove, se trovo una bella sistemazione, conto di fermarmi almeno una settimana.

Oggi e domani mi fermo qui.

 

In bilico sul tubo millenario

Sabato 29 giugno 2013. In viaggio: giorno 122. In Turchia: giorno 11. A piedi: giorno 39.

Via Licia: giorno 6. Da Xanthos a Akbel, 21km (+4km).

Ho fatto un errore. Inutile, intempestivo, stupido. Immaginiamo un bel collinone al quale ci avviciniamo dal punto A. Il punto B è esattamente dalla parte opposta e bisogna raggiungerlo per continuare il cammino verso il prossimo paesello, dove ci aspetta un bel pasto corroborante. Il sentiero, con i soliti segnavia bianco-rosso sbiaditi, aggira il collinone da destra. Non segnata da nessuna parte – né mappa ufficiale, né tracce GPS – esiste anche una variante segreta, con segnavia nuovissimi, che aggira da sinistra. Una volta arrivato in A, non mi sono accorto della nuova traccia, e giustamente ho continuato tranquillamente su quella ufficiale. In B è successo il guaio. Il segnavia sbiadito che porta al villaggio risulta invisibile, mentre è invece bello splendente quello della variante, che fra l'altro, almeno inizialmente, tiene una direzione quasi corretta. Per nulla insospettito, ho ovviamente preso a seguire la variante a ritroso, senza accorgermi del lento e continuo voltare dalla parte sbagliata. Una volta tornato in A, non contento, non ho riconosciuto il paesaggio già visto e, furbamente, ho cominciato a ridiscendere la salita che parecchio tempo prima avevo superato con tanto sudore. Per fortuna dopo una decina di minuti di discesa ho notato un albero di traverso sul sentiero e, grazie al deja vu, ho capito l'errore. Oltre un'ora persa a girare in tondo, 4km di tratto infernale regalati, e ritardo clamoroso rispetto all'obbiettivo di smettere di camminare entro le 11. Non so dire quanto l'errore fosse evitabile. Credo che una volta arrivato in B, chiunque imboccherebbe la variante a ritroso. Tutto sta nel rendersi conto dell'errore il prima possibile. Mi sono fidato troppo del sentiero (finalmente) ben segnato e per un bel pezzo non ho consultato né il GPS, né il mio senso dell'orientamento, rilassato in altri pensieri. Non so nemmeno che lezione trarne; non posso sempre stare all'erta, dubitare dei segnavia, controllare continuamente bussola o GPS… mah.

Si passa proprio sull'acquedotto, come fosse un ponte.

Oltre che per l'involontario girotondo, ricorderò sempre la tappa di oggi per la scelta dei tracciatori di seguire a ritroso, per chilometri e chilometri, l'antico acquedotto che portava l'acqua a Xanthos. E quando dico seguire, intendo non solo camminarci sopra, ma proprio dentro ai resti del tubo di pietra dove scorreva l'acqua. Può darsi che dal punto di vista della conservazione del bene storico non sia esattamente una buona idea; in molti punti le pietre cominciano infatti a mostrare i segni dei passi dei camminatori. Tuttavia, si tratta di un'esperienza unica. Inizialmente si tratta appunto di resti. Poi, si comincia a notare un po' di fanghiglia umida. Verso la fine l'acqua scorre ancora, come secoli e secoli fa, solo che a un certo punto viene deviata verso un villaggio moderno.

Passa ancora l'acqua...

L'unico posto per dormire a Akbel è un moderno ed elegante complesso di bungalow, prato all'inglese, ulivi, e piscina. Visto il fine settimana, non c'è posto letto per me, ma i gestori mi hanno dato il permesso di montare la tenda dove mi pare e di usare i vari servizi: bagno, doccia, piscina. Il tutto gratis: grazie! Ah, questo bellissimo posto (vedi foto) si chiama Hidden Garden.

Giardino e piscina Hidden Garden.

 

Riposo a Xanthos

Anfiteatro e agorà viste dall'acropoli. Sullo sfondo... le serre dei pomodori.

Venerdì 28 giugno 2013. In Viaggio: giorno 121. In Turchia: giorno 10. A piedi: giorno 38.

Via Licia: giorno 5. Giornata di riposo a Xanthos, con visita alle rovine.

Una giornata di riposo ci voleva. Anche se stamattina ho camminato sotto al sole fra le rovine per alcune ore, ora mi sento recuperato e pronto per domani. Tanto per stare sul sicuro, mi alzerò alle 5, prima dell'alba, e cercherò di arrivare a destinazione entro le 11. Se ho calcolato bene i tempi, dovrei farcela.

Particolare dell'anfiteatro.

L'antica città di Xanthos, come scrivevo ieri, è stata un importantissimo centro della Licia, e si vede. Sei chilometri di mura, anfiteatro, mercati, templi assortiti e chiese, bagni pubblici e piscina olimpionica. Qua e là, pietre con iscrizioni misteriose, talvolta in lingua licia, talvolta in greco. C'è anche un famoso monolite con incise le stesse frasi, una lingua diversa su ogni lato. Non voglio però perdermi in spiegazioni da guida turistica, quindi mi limiterò a pubblicare alcuni degli scatti di questa mattina.

Una delle iscrizioni misteriose, su una pietra riciclata per costruire un muro (la foto è ruotata di 180 gradi).

Particolare del monolite. Credo si tratti del lato con il testo in lingua licia.

 

Quattro rovine e tanti pomodori

Giovedì 27 giugno 2013. In viaggio: giorno 120. In Turchia: giorno 9. A piedi: giorno 37.

Via Licia: giorno 4. Da Gavurağılı a Xanthos, 16km.

Sulla mappa appare spesso un simbolo formato da tre pallini neri che, stando alla legenda, dovrebbe indicare la presenza di rovine. Durante i primi tre giorni di cammino ho sfiorato parecchi di questi siti, senza però notare nulla di particolare, se non al massimo qualche anonimo muretto mangiato dalla vegetazione. Oggi la musica è cambiata, finalmente ho camminato in mezzo ai resti di alcune delle più importanti città dell'antica Licia. Ecco le quattro rovine di oggi.

Rovine di Pydnai, viste dall'alto.

Prima rovina: Pydnai

Un grande quadrato di mura, con torrette e fortificazioni, già ben visibile dall'alto lungo il sentiero (vedi foto). Sentiero che poi entra fra le rovine, dove oggigiorno c'è solo bassa vegetazione dominata da ulivi e querce secolari. Le condizioni dei muri e delle torrette mi sembrano a dir la verità troppo buone per avere oltre 2000 anni. L'impressione è che si tratti delle rovine di un castello medioevale, ma vedrò di approfondire più avanti quando avrò una connessione a internet decente.

A Letoon.

Seconda rovina: Letoon

La presenza della classica comitiva di giapponesi mi fa immediatamente capire che il sito è famoso. In effetti, l'anfiteatro, il tempio, la distesa di colonne spezzate dai terremoti, rappresentano il primo vero e proprio sito archeologico della Via Licia. Non capisco se per incuria o per preservarlo meglio, una buona parte del sito è allagata, con tanto di paperelle. Pur nella diversità, questo luogo mi richiama alla memoria le rovine di Olimpia, in Grecia.

Anfiteatro a Letoon.

Terza rovina: Xanthos

Una delle capitali della Licia. Una vera e propria città che, nel corso della storia, è stata appunto capitale della Licia, poi è stata conquistata dai persiani, secoli dopo dai romani, per poi essere abbandonata intorno al settimo secolo. Oggi non ho tempo di visitarla per bene, anche perché sono arrivato bollito. Recupererò domani.

Quarta rovina

La quarta rovina sono io. La tappa di oggi, pur essendo altimetricamente quasi piatta, è un disastro dal punto di vista della navigazione. Lunghissimi tratti senza segnavia; mappa decisamente poco precisa; punti critici con strade non segnate. Da Pydnai alla spiaggia, breve tratto che comunque va classificato come infernale, i segnavia sono così scoloriti da essere quasi del tutto invisibili. Senza GPS oggi non avrei trovato la strada giusta e avrei perso una montagna di tempo.

Tratto di strada massacrato dal sole.

Il sole picchia più che mai e le condizioni sono decisamente di caldo torrido. Il tratto pianeggiante dalla spiaggia a Letoon, percorso poco dopo mezzogiorno, è stato particolarmente duro per la mancanza di ombra. D'ora in poi è proibito mettersi in cammino dopo le 11, pena seri rischi per la salute. Ho deciso che domani mi fermerò tutto il giorno qui a Kınık, con l'idea di visitare con calma le rovine di Xanthos.

Simpatico amico che mi ha attraversato la strada.

Un aspetto che mi ha colpito di questa zona piatta piatta è l'incredibile distesa di serre di pomodori. Bruttissime a vedersi, è però evidente che per gli abitanti della zona tutto gira intorno ai pomodori. Incredibili i cartelloni pubblicitari; tutti, ma proprio tutti, dedicati esclusivamente a decantare le magiche caratteristiche delle differenti sementi di pomodoro (vedi foto).

 

Via Licia, terza tappa

Mercoledì 26 giugno 2013. In viaggio: giorno 119. In Turchia: giorno 8. A piedi: giorno 36.

Via Licia: giorno 3. Da Gey a Gavurağılı, 18km.

A febbraio, prima di partire, elencavo gli obiettivi che mi ero prefisso per la tappa in Turchia:

Il programma è di … spostarmi poi al punto d'inizio della Via Licia, con l'intenzione di percorrerne a piedi almeno i primi 100km.

In teoria, avrei tempo a sufficienza per camminare tutta la Via Licia, ma ho come l'impressione che dovrò limitarmi al piano iniziale. Da quando sono in Turchia, il tempo è sempre stato perfetto; neanche una nuvola, cielo blu, sole che picchia. Mentre i primi giorni la temperatura era piacevolmente fresca, ora ogni giorno trovo qualche grado in più. Questa mattina alle 8 c'erano già 33°C; alle 11 secondo me si sfioravano i 40°C. Finché il cammino è nel bosco o comunque presenta zone ombreggiate, posso continuare a muovermi senza troppi problemi, ma una caratteristica ricorrente della Via Licia è quella dei tratti che definirei “infernali“.

A termine del tratto infernale, qualche pianta e un po' di ombra, finalmente.

Sentiero ripido, da capre, richiesta concentrazione massima per trovare i segnavia bianco-rossi, spesso poco o per nulla visibili finché non li si calpesta. Vegetazione limitata a pochi cespugli, nessuna ombra. Sia ieri, sia oggi, ho incontrato lunghi tratti infernali. Ad esempio, oggi dalle 11 alle 12:30, senza tregua alcuna, da Belceğiz a Gavurağılı (7km, 800m di dislivello in discesa). Se la temperatura dovesse alzarsi ancora, temo che potrebbe diventare pericoloso avventurarsi in solitaria per ore lungo tratti simili senza protezione alcuna dal sole. Al momento, credo che le uniche finestre temporali sufficientemente fresche per affrontare tratti infernali siano dalle 5:30 alle 7, e dalle 19:30 in poi.

Che fare, quindi? Boh, improvviserò. Intanto domani ho una tappa in larga parte pianeggiante, quindi procederò secondo tabella, poi si vedrà. In generale, credo mi prenderò alcuni giorni di pausa e riposo ogni volta che mi imbatterò in posti particolarmente belli. Certo, se dovesse rinfrescare, confermo Via Licia integrale.

Terza tappa

Ieri a Gey ho dormito qui, all'aperto, sul tetto di un mini-market.

Da Gey a Bel il sentiero attraversa pascoli e terrazzamenti che potrebbero essere molto rilassanti. Peccato che i segnavia siano proprio bastardi. Mille volte mi sono trovato in una selva di sentierini senza riuscire a capire quale fosse quello giusto. L'unica è di provarli tutti finché non si ritrova il famigliare segno bianco-rosso da qualche parte. Sembra quasi che i tracciatori abbiano fatto apposta: il segnavia successivo è spesso appena mezzo metro oltre il limite della visibilità dal precedente, costringendo il camminatore a tediosi avanti-indietro. Questo tratto, pur bellissimo, sarebbe da classificare come infernale, ma fortunatamente l'ho affrontato di prima mattina, quando il sole era ancora nascosto dietro la montagna.

Molto più tranquillo dal punto di vista della navigazione il tratto fino a Belceğiz, villaggio di due case, apparentemente disabitato (o quasi). Querce e ulivi, antichi terrazzamenti, qualche capra, ambiente ideale per una pausa e per la mia dose di marzapane, prima dell'ultimo tratto infernale della giornata, la lunga e tosta discesa verso Gavurağılı.

Al mio arrivo in paese, noto una casa bellissima con giardino, ulivi, prato verde ben curato. La padrona di casa, una ragazza giovane giovane ma già sposata con figli, mi aspetta sulla soglia e con un sorrisone mi invita per un çay (the turco). Scopro così che stanno trasformando la parte più nuova della casa in pensione per camminatori e che, per 20 euro, posso avere stanza, pranzo, cena e colazione. Accetto all'istante e devo dire che ho fatto bene. Miglior cibo trovato in Turchia, finora.

Oggi mi sono fermato qui.

Verso sera, passeggiata fino alla spiaggia, che posso godere in esclusiva, unico turista. Nonostante l'ora tarda e l'assenza dello zaino, una sudata infinita, segno che anche alle 18:30 le temperature non scherzano per nulla in Turchia.

 

Nel giardino degli ulivi

Martedì 25 giugno 2013. In viaggio: giorno 118. In Turchia: giorno 7. A piedi: giorno 35.

Via Licia: giorno 2. Da Faralya a Gey, 24km.

La prima spiaggia del cammino: Kebak.

Dopo il riposo di ieri, oggi ho voluto provare a fare una tappa impegnativa. Mi interessava scoprire l'effetto della torrida estate turca su chi si muove a piedi. Posso puntare a tapponi tipo quelli dell'anno scorso lungo il cammino di Santiago di Compostela (30km – 35km al giorno)? Devo limitare le forze e riposare durante la parte centrale della giornata? L'esito non mi è chiaro. Quella che sulla carta sembrava una tappa relativamente tranquilla – 24km – in realtà è stata molto dura. Non solo per i dislivelli, 1500m in salita, 1100 in discesa, ma anche per il terreno, in alcuni tratti piuttosto infido. Ora sono allegramente distrutto, anche perché mi sono fermato solo fra le 12:30 e le 15:00, camminando quindi per ore sotto un sole feroce. Per i prossimi giorni credo dovrò allargare parecchio la pausa pranzo, altrimenti rischio di schiattare.

L'allegro villaggio di Alinca, quattro case di numero e una locanda che apre solo quando ci sono clienti.

Il momento peggiore è stato quando sono arrivato ad Alinca, verso le 12:30, bollito e affamato come un lupo. Sapevo dell'esistenza di una locanda, e già mi sognavo di pasteggiare e riposare per ore. Solo che non c'era nessuno, chiusa. Preso da sconforto, mi sono seduto all'ombra della casa e ho aperto il cibo d'emergenza: anacardi, albicocche secche, e rotolini di marzapane turco. Per fortuna i vicini di casa mi hanno notato e si sono affrettati ad aprire il ristorante. Un sollievo. Ah, la cuoca della locanda è la figlia della cuoca di ieri a Faralya; tutti parenti da queste parti.

Ancora sulla spiaggia di Kabak.

Questa mattina ho bagnato per la prima volta i piedi nel mare. Sono infatti sceso fino alla spiaggia di Kabak, in mezzo ai tanti turisti che hanno passato tutta la notte all'aperto in riva al mare. Stavano ancora dormendo alla grande e mi sono quindi infilato in acqua senza fare rumore. Dalla spiaggia ad Alinca è tutto un salitone (quasi 800m di dislivello), prima nel bosco, poi allo scoperto. A far bene sarebbe meglio fermarsi verso le 11 del mattino e ripartire dopo le 16:30.

Dopo Alinca, la Via Licia impazzisce un po'. Pur di evitare un paio di chilometri di strada asfaltata, scende di brutto per una rampa un po' esposta, a picco sul mare, per poi risalire in modo altrettanto brusco. Sembra una scelta un po' demenziale, ma forse i tracciatori non hanno avuto tutti i torti. Le viste sul mare sono infatti splendide e in un paio di occasioni mi sono dovuto fermare in ammirazione (ok, ero anche cotto e mi sono seduto all'ombra di uno dei pochi alberi…).

Poco prima di Gey ho trovato un altro luogo estremamente suggestivo. Alcuni terrazzamenti, grandi ulivi, il mare in lontananza, nessuno in giro, solo i grilli. In questi giorni di silenzio e pace sto trovando l'occasione di riflettere molto, ma nel giardino degli ulivi ho avuto un momento di lucidità durante il quale tutto sembrava andare al suo posto. Un giorno mi piacerebbe tornarci.

 

Antipasto di Via Licia

La Via Licia inizia qui.

Lunedì 24 giugno 2013. In viaggio: giorno 117. In Turchia: giorno 6. A piedi: giorno 34.

Via Licia: giorno 1. Da Ovacık a Faralya, 13km.

Il primo dei tanti segnali bianco-rossi che identificano la Via Licia.

Ho ricominciato a camminare, evviva. La Via Licia a piedi è l'ultimo capitolo del mio giro del mondo, ma fortunatamente è bello ricco di pagine. Oltre 500 chilometri, da Ovacık a Hisarçandır, lungo la costa e attraverso i monti dell'antica regione della Licia.

Come ho già scritto, purtoppo il libro-guida ufficiale in inglese è esaurito e mi dovrò quindi arrangiare con la versione in turco. La lettura della mappa è universale, ma purtroppo i capitoletti dedicati alle varie tappe risultano quasi del tutto indecifrabili. Intuisco che il testo è ricco di indicazioni del tipo “dopo la fontana, gira subito a destra per il sentiero poco visibile, non lasciarti ingannare da quello più largo“. Tuttavia, grazie al mio fido GPS, conto di non perdermi troppo spesso. Peccato invece per i riquadri con le indicazioni storiche, particolarmente importanti per apprezzare al meglio i tanti siti archelogici che incrocerò lungo il cammino.

Come arrivare a Ovacık, punto di partenza della Via Licia

Esistono varie soluzioni possibili, ma in questo paragrafo descrivo solo quella che ho scelto. Da Istanbul SAW ho volato fino all'aeroporto di Dalaman, una faccenda di una cinquantina di minuti. Dopo l'arrivo di ciascun aereo, dall'aeroporto di Dalaman partono due autobus: uno porta a Fethiye, circa 70km più a est, l'altro… boh, non importa. Il biglietto costa circa 4 euro, anche se i tassisti vampiri appostati all'uscita del terminal la raccontano diversa (nell'ordine: l'autobus non esiste; non parte; parte fra due ore; costa tanto; è lento…). Vogliono ovviamente convincere i turisti a muoversi in taxi, per la modica cifra, fino a Fethiye, di 40 euro.

Da Fethiye a Ovacık ci sono 7km di strada in salita. Visto che il mio albergo si trovava in una stradina secondaria, ho optato per un taxi. Può darsi esistano altre opzioni, ma non ho indagato oltre. Il mio tassista è riuscito a perdersi e a perdere tempo, portando il tassametro fino a 20 euro. Quando è arrivato alla piazza principale del paese, punto di partenza del cammino, il tassametro segnava 12 euro.

Prima tappa

Fra colazione tardiva e alcune faccende da sistemare, sono partito tardi, molto tardi, verso le 9, quando il sole già cominciava a picchiare. Su terreno facile e aperto, il primo tratto sale piuttosto ripido, con stupendi scorci sulla spiaggia di Ölü Deniz (vedi foto). La mappa molto opportunamente segnala tutte le fonti d'acqua e mi consola notare che in buona parte dell'intera Via Licia ce n'è una ogni pochi chilometri. Si tratta quasi sempre di vere e proprie fontane e sembra che al momento non ci sia penuria d'acqua.

Spiaggia di Ölü Deniz.

Raggiunto il punto più alto dopo un paio d'ore di sudore estremo (devo bere mezzo litro d'acqua ogni 30 minuti), inizia una lunga e piacevole discesa che porterebbe fino al mare. Verso ora di pranzo però passo da Faralya, circa 400m di quota, tranquillo paesino con vista mare. C'è una bella pensioncina, una brava cuoca, giardino ombreggiato con comodi divanetti… insomma, questa notte mi fermo qui. Tappa breve quindi, ma va bene così. Nessuno mi corre dietro e, effettivamente, il libro segnala come primo punto-tappa proprio Faralya.

Sul percorso non ho incontrato nessuno, siamo fuori stagione per camminare lungo la Via Licia. Poco fa sono però arrivati due ragazzi francesi, anche loro con zainoni. Hanno pochissimi giorni a disposizione e quindi non percorreranno tutta la via, ma credo che avremo occasione di conoscerci meglio a cena e, forse, i prossimi giorni.

Fiori sul sentiero.