Disavventure a Tahiti

Domenica 12 e lunedì 13 maggio 2013. In viaggio: giorno 75. A Tahiti: giorno 3.

Non so bene da dove iniziare… mah, proviamo dal punto più basso, questo pomeriggio verso le 15:30, in un luogo imprecisato lungo la statale fra l'aeroporto e la capitale Papeete. Ho trovato dove dormire questa notte. In cima a una rampa di terra, una minuscola piazzola di cemento, subito sotto la base di un cavalcavia. Come mi sono ridotto a dormire sotto a un ponte?

Tahiti è l'isola più grande della Polinesia Francese. Solo la costa è abitata, con tutta la parte interna completamente selvaggia, alte montagne oltre i 2000 metri e fitta giungla tropicale. La capitale e l'aeroporto sono nell'estremità nord-ovest, mentre gli alberghi, i villaggi e i resort sono distribuititi lungo i 200 e oltre chilometri di costa. Grazie al solito booking.com ho trovato una buona offerta: una stanza senza bagno in un piccolo complesso con bel giardino tropicale, spiaggia privata, cucina pubblica, connessione wifi. Prezzo bassissimo per Tahiti – circa 40 euro a notte – meno della metà della seconda migliore offerta. Si trova a Taravao, a quasi 60km dall'aeroporto, ma ho fatto i miei compiti e ho scoperto che esiste un servizio di autobus pubblici che copre tutta la costa: nessun problema!

Passatempo domenicale per i tahitiani.

Prima sorpresa ieri mattina: di domenica gli autobus NON girano… Che fare? A piedi, 60km con zainone e caldo umido (da 27°C a 32°C) sono troppi. I taxi hanno costi esorbitanti. Provo l'autostop, ma non funziona. Può darsi che sia vietato, oppure che io non ispiri molta fiducia agli automobilisti; in ogni caso, dopo un'ora di vani tentativi decido di rinunciare. Mi resta la possibilità di noleggiare una macchina. Costa parecchio, circa 80 euro, ma comunque sarebbe una buona occasione per girare l'isola in autonomia. Ecco quindi il piano. Domenica 12 maggio: auto a noleggio, giro dell'isola, insediamento nella stanza. Lunedì 13 maggio: riconsegnare l'auto all'aeroporto, prendere l'autobus verso Taravao e godermi un pomeriggio di relax sguazzante.

Tutto sembra procedere per il verso giusto: l'isola è all'altezza delle aspettative (vedi foto), visito tutti i 200km di costa e stamattina riconsegno puntuale e senza danni l'auto all'aeroporto. Qui iniziano i miei guai. L'ultima corsa per Taravao dovrebbe passare verso le 13, ma non mi preoccupo, sono le 11:30 e ho un sacco di tempo. Alle 12 passa il mio autobus, lo vedo, agito il braccio come mi hanno insegnato, l'autista mi vede, fa uno strano gesto (si passa una mano sopra la testa…) e tira dritto senza nemmeno rallentare. Boh, forse era pieno, anche se non mi sembra. Dopo un'ora di attesa sotto il sole, ecco l'ultimo autobus utile. Lo vedo, mi vede, stesso (stupido) gesto e tira dritto. Maledizione, sono bloccato un'altra volta all'aeroporto! Riprovo con l'autostop, ma anche questa volta niente da fare. Dopo un'ora di inutili tentativi, mi arrendo.

Ecco il piano B. Fingere di dover prendere un aereo, dormire all'aeroporto, e domattina riprovare con l'autobus. Per passare il tempo, decido comunque di camminare fino a Papeete e di scoprire da dove partono gli autobus, tanto per non rischiare lo stesso scherzo anche domani. Sono solo 5km, ma il sole picchia forte e a metà strada, passando sotto al famoso cavalcavia, lo eleggo a mia dimora per la notte.

Poi, il colpo di fortuna. Vagando a casaccio sul lungomare intravedo in lontananza un autobus fermo. Mi avvicino lentamente e capisco di essere arrivato al capolinea, ottimo. Ehi, ma quell'autobus è il mio, è quasi pieno e sta per partire… lo piglio al volo. Beh, evidentemente quella delle 13 non era l'ultima corsa. Mi sono perso il pomeriggio sguazzante ma sono contento di essere arrivato; la notte sotto al ponte è rimandata…

Ecco la mia piscina.

La spiaggia privata dell'albergo.

Ancora la spiaggia privata dell'albergo.

Per i prossimi giorni prevedo di restare più o meno fermo e di godermi un po' di riposo. Unica eccezione, cercherò di organizzarmi per esplorare a piedi le cime dell'entroterra, anche se per questo sarà necessario appoggiarsi ad un'agenzia; è infatti proibito (e pericoloso) muoversi autonomamente nella giungla. A Tahiti aggiornerò il blog solo saltuariamente, concentrandomi soprattutto, se ci saranno, sui giorni a piedi.

Ultimi scampoli di Nuova Zelanda

Gli ultimi giorni di Nuova Zelanda restano senza diario, ma ci sono alcuni punti che mi sembra giusto sottolineare, anche per mia futura memoria. In ordine cronologico:

  • Madama Butterfly a Wellington. Un “bravo!” a Piero e un grazie ad Antonella per la bella serata a teatro. Fino a pochi giorni prima non conoscevo per nulla Madama Butterfly ed è stato sorprendente scoprire come la musica, il canto, la recitazione, i costumi possano dare forza e carica emotiva a un libretto che di per sé mi era sembrato deboluccio e inconcludente. Emozionante! Ora ho sete di altre opere…
  • Jessie a Auckland. Sabato pomeriggio. Sto per entrare al cinema per vedere il nuovo film di Star Trek (una ciofeca…). Per ingannare l'attesa controllo rapidamente il pannello di controllo del blog, anche se già so che non troverò nulla di interessante (in Italia è ancora notte). Invece ecco un commento di Jessie, neozelandese di Auckland, originaria di Taiwan, che ha vissuto a lungo in Italia, fra Veneto e Trentino. Tramite FrancescaO, nostra comune amica, le avevo mandato i miei piani di viaggio, ipotizzando un incontro a Auckland, ma non avevo mai ricevuto risposta. La chiamo subito al telefono e, nonostante lo scarso preavviso, è disponibile per portarmi in giro a conoscere la città by night. Jessie è simpatica e molto brillante, parla benissimo l'italiano, oltre ovviamente a inglese e cinese mandarino, entrambe lingue che domina da madrelingua. Si unisce a noi anche la sua amica Rachel, una gentile e simpatica signora americana sulla sessantina, e passiamo insieme una bella serata. Luogo principale, il casinò inserito ai piani bassi della famosa Sky Tower di Auckland, questa sera illuminata di rosso. Poi pub con birra locale, e lunga passeggiata fino al molo, con vista sul famoso ponte della città. Grazie Jessie, spero di poter ricambiare un giorno in Italia.
  • Ho fatto il conto dei chilometri. In 17 giorni ho guidato per 3800km. Molto, molto più di quel che pensavo… troppi.

 

Pancakes a Punakaiki

Mercoledì 8 maggio 2013. In viaggio: giorno 69. In Nuova Zelanda: giorno 15.

Pochi minuti dopo essermi svegliato.

Ho guidato praticamente tutto il giorno, lungo strade immerse nella natura: tratti lungo il mare, altri nell'umida foresta di felci, altri a fianco di verdi prati costellati da immense distese di pecore. Poi verso sera, nell'estremo nord-est dell'Isola Sud, vigne a perdita d'occhio, tutte vestite con i tipici colori dell'autunno.

Ho però fatto una colazione e un dopo-colazione particolari. Da mangiare, una pila di pancake con bacon, banane, sciroppo d'acero e panna. Da vedere, le stranissime formazioni rocciose di Pancake Rocks.

Si tratta di grandi rocce, scure e apparentemente molto dure, che presentano una struttura stratificata simile, appunto, a una pila di pancake. La guida dice che si tratta di una formazione unica al mondo e che, al momento, non esiste una spiegazione scientifica soddisfacente dell'origine del fenomeno. Si tratta ovviamente di una forza d'erosione legata al moto del mare che qui si scaglia contro le rocce con particolare violenza, ma non si riesce a capire da dove emerga la regolarità delle forme.

Altro fenomeno interessante, forse legato al primo, i cosiddetti blowholes. Buchi nella roccia che, in particolari condizioni di marea e di forza delle onde, sputano acqua di mare verso il cielo, come fossero geyser. La spiegazione in questo caso è nota. Sotto le rocce, ci sono grandi caverne piene d'acqua di mare. Durante l'alta marea le onde più forti entrano violentemente nelle caverne e spingono un po' di schiuma verso gli sfiati, che si trovano molto più in alto, anche 15 o 20 metri. Ho avuto la fortuna di arrivare verso le 9:30, proprio in coincidenza con il picco dell'alta marea, potendo assistere quindi al fenomeno. Impressionante soprattutto quello chiamato “Sudden Sound“; si vede poco, solo uno sbuffo quasi invisibile, ma il rombo e il rumore sembrano quelli di un terremoto.

A parte la parentesi di domani sera (Madama Butterfly a Wellington!), passerò il resto del mio soggiorno in Nuova Zelanda a guidare, con una mezza giornata finale di riposo e relax a Auckland. Blog sospeso quindi almeno fino al 12 maggio, quando (forse) riprenderò a scrivere da Tahiti.

 

Franz Josef Glacier

Punto più vicino al bordo del ghiacciaio. Il ranger... è una sagoma di cartone.

Martedì 7 maggio 2013. In viaggio: giorno 68. In Nuova Zelanda: giorno 14.

Non c’è molto da aggiungere rispetto a quanto scritto ieri a proposito dell’altro ghiacciaio. Sono vicini l’uno all’altro, condividono origini, comportamento, numeri… Comunque non potevo certo lasciarmi scappare il Franz Josef Glacier.

La passeggiata dal parcheggio è solo leggermente più lunga, circa un’ora e mezza in totale, ma sempre molto facile e adatta a tutti. La lingua di ghiaccio perenne si è ora molto ritirata anche solo rispetto a pochi anni fa. Ho visto alcune vecchie fotografie di inizio ‘900 e l’acquerello disegnato nel 1872 da uno dei primi esploratori. La larga valle che ora è una semplice distesa di pietre grigie attraversata dal fiume glaciale, all’epoca era un gigantesco palazzo di ghiaccio, con tanto di guglie, campanili, profondissimi crepacci.

La valle che fino a non molti anni fa era interamente occupata dal ghiacciao. Si vedono ancora i segni.

Come si presentava il ghiacciaio nel 1872...

Dopo aver esplorato tutti i sentieri della zona, sono ripartito verso nord. La mia intenzione era di arrivare nel famoso sito di Punakaiki, dove ci sono le celebri pietre pancake, ma mi sono dovuto fermare una ventina di chilometri prima. Ho trovato infatti un lookout (i.e. punto panoramico) a picco sul mare, orientato perfettamente a ovest… spero in un bel tramonto. A poche decine di metri dalla costa ci sono dei pinnacoli rocciosi che richiamano le forme dei dodici apostoli australiani. Il tipo di roccia però è diversa e, sorprendentemente vista la posizione, sono ricoperti da abbondante vegetazione.

Confermata la mia partecipazione giovedì sera alle prove generali di Madama Butterfly a Wellington, su invito di Piero, incontrato insieme ad Antonella alcuni giorni fa sul traghetto. Ieri sera mi sono procurato il libretto e ho fatto alcune ricerche. A quanto pare Piero è un celebre tenore, con un curriculum molto, molto prestigioso. In questa occasione coprirà il ruolo di Pinkerton che, da una rapida scorsa del libretto, dovrebbe essere il protagonista maschile dell’opera! Fra oggi e domani conto di studiarmi per bene l’intero libretto.

 

Uno strano ghiacciaio

Fox Glacier, parte alta.

Lunedì 6 maggio 2013. In viaggio: giorno 67. In Nuova Zelanda: giorno 13.

Dopo una notte di freddo e pioggia, mi sono spostato alcune centinaia di chilometri verso nord. Dalle parti di Haast si è alzato un vento formidabile che nel giro di mezz'ora ha fatto sparire le nubi. Ho poi scoperto che in tutto il sud ovest c'era un'importante allerta meteo proprio a causa del vento, che ha raggiunto punte di 120km/h. A parte l'impressionante quasi-tempesta di sabbia alla foce del fiume Haast e le botte che di tanto in tanto facevano tremare il campervan, non ci ho fatto molto caso e ho macinato strada su strada.

Nel primo pomeriggio sono arrivato in un luogo speciale, il Fox Glacier. Questa lingua di ghiaccio già mi aveva affascinato nelle fotografie di Andrea e Barbara, i miei vicini di casa che hanno vissuto per un periodo in Nuova Zelanda. Sembra incredibile, ma da queste parti ci sono ghiacciai che arrivano a quote bassissime. Nel caso del Fox Glacier, il limite dei ghiacci arriva sotto ai 300 metri di quota. Siamo a poco più di 43 gradi di latitudine sud; a parte il segno, all'incirca alla stessa altezza di Ancona…

Fox Glacier, parte bassa, con caverna.

Il clima non è più freddo rispetto all'Italia, solo piove molto di più. In quota, fra i 1700m e i 2800m, si accumulano oltre 30 metri di neve all'anno. Poi, compressi dal loro stesso peso, si buttano nelle ripide vallate che portano al mare. Nella parte alta, il ghiacciaio si muove quasi 5 metri al giorno, mentre nella parte bassa circa 1 metro al giorno. Sono valori 10 volte più alti rispetto a quelli tipici dei ghiacciai di casa nostra. Nel corso della piccola era glaciale fra 1400 e 1700, la lingua di ghiaccio arrivava fino al mare. Anche in tempi relativamente vicini il ghiaccio perenne arrivava molto più in basso; il cartello che indica il livello del 1955 si trova infatti circa 2km più in là rispetto al livello odierno.

La breve e facile passeggiata che dal parcheggio porta fino al limite del ghiacciaio è davvero alla portata di tutti. Poco più di 3km complessivi fra andata e ritorno, difficilmente richiede più di un'ora, compreso tempo per le fotografie e per le pause contemplative.

Stimolato dal racconto di una famiglia di brasiliani incontrati per caso nei bagni pubblici di Haast, sono andato a fare la passeggiata del Lake Matheson. Poco distante dal Fox Glacier, questo lago è chiamato anche lago specchio. Se ci si posiziona in un opportuno punto panoramico in condizioni di poco vento, allora si può godere di una vista eccezionale. Il Monte Cook e i suoi vicini, perennemente innevati, si specchiano perfettamente nelle acque del lago, generando un'ideale scorcio da cartolina. Basta però un filo di vento o uno strato di nuvole, per vanificare il tutto. Il giro del lago richiede poco più di un'ora a piedi e il punto X è esattamente dalla parte opposta rispetto al punto di partenza.

Monte Cook e suoi vicini quando ho iniziato a camminare.

Quando ho iniziato a camminare le condizioni erano ideali (vedi foto con prato): cielo blu intenso, poche nuvole, bella luce, poco vento. Nella mezz'ora che ho impiegato per raggiungere il punto panoramico alcune nuvole hanno sporcato i monti e un leggero venticello ha increspato le acque. La fotografia non è quindi riuscita granché bene, ma credo comunque che possa dare un'idea della bellezza del posto.

Ora sono una trentina di chilometri più a nord, dove si trova il ghiacciaio gemello, se possibile ancora più famoso: il Franz Josef Glacier. Domani dedicherò tutta la mattina a percorrere l'intricata rete di sentieri della zona. Le previsioni del tempo, una volta tanto, sono molto buone.

 

Piopiotahi

Domenica 5 maggio 2013. In viaggio: giorno 66. In Nuova Zelanda: giorno 12.

Jucy, la stessa azienda del campervan. Ho ottenuto il 50% di sconto grazie a questo.

Questa volta le previsioni ci hanno preso: tanta tanta acqua, senza tregua per tutto il tempo che ho trascorso in questo luogo lontano da tutto. D'accordo che qui piove quasi sempre, ma stavolta c'è in più una perturbazione vera e propria che sta affliggendo buona parte della Nuova Zelanda.

Le piccole navi che portano i turisti lungo il fiordo non si fanno certo spaventare da qualche goccia d'acqua e quindi alle 9:45 siamo partiti, tutti ben bardati per l'occasione. Fortunatamente il nebbione di ieri pomeriggio si è dissolto e siamo riusciti a vedere qualcosa, anche se solo a livelli di grigio.

Sono rimasto nuovamente impressionato dalle innumerevoli cascatelle temporanee che si creano durante le piogge. La guida ci ha spiegato che qui piove così tanto che, nonostante il fiordo sia ovviamente una lingua di mare che scava fra i monti, i primi tre metri vicini alla superficie sono di acqua dolce.

Sempre grazie alla guida, ho scoperto un nuovo fenomeno: la valanga di alberi (tree avalanche)… Le pareti rocciose a picco sono così ricche di acqua che si forma uno spesso strato di licheni verdissimi. Su questo, nel tempo, crescono infiniti alberi, fino a formare una foresta densissima, che sembra nascere direttamente dalla roccia. Di tanto in tanto, durante le peggiori tempeste, una zolla di licheni si stacca e, con alberi e tutto, si tuffa nel mare, trascinando tutte le altre piante che stanno sotto. Si tratta di un evento spettacolare e spaventoso, ma molto difficile da avvistare. Evidenti sono invece le tracce di valanghe recenti e meno recenti (vedi foto).

Sulla sinistra, segni di una valanga di alberi.

Dopo pranzo ho iniziato la risalita verso nord che, nel giro di una settimana, mi riporterà a Auckland. Mentre all'andata ho seguito la costa est dell'Isola Sud, al ritorno seguirò quella ovest, notoriamente più piovosa. Ora sono accampato in una piazzola a lato strada, con l'attraversamento della Alpi da est a ovest quasi completato.

Tardo pomeriggio, lago nei pressi di Queenstown.

 

Niente Milford Track

Anche lui sta valutando se partire oppure no...

Sabato 4 maggio 2013. In Viaggio: giorno 65. In Nuova Zelanda: giorno 11.

Sono stato in bilico fino all'ultimo. Ho visitato e tempestato di domande tre diversi uffici informazioni, compreso quello ufficiale del parco nazionale. Ho parlato con il titolare dell'agenzia che avrebbe organizzato i trasporti. Senza andare troppo nei dettagli, alla fine ho deciso di rinunciare per diversi motivi. Prima di tutto, la previsioni del tempo sono disastrose. Milford Sound e dintorni è una zona estremamente piovosa e non ci sarebbe nulla di strano in un po' d'acqua. Le previsioni però dicono intensa nevicata per domani e dopodomani a partire dai 400m di quota. Il guaio è che nel corso del secondo giorno di cammino dovrei salire un passo intorno ai 1000m, con traccia di sentiero che notoriamente diventa invisibile in caso di neve. Nel manuale consigliano di affidarsi al navigatore GPS per trovare la giusta via. Secondo aspetto, la stagione dei cammini è terminata il 30 aprile e ora gli operatori del parco stanno rimuovendo i ponti, per preservarli dalle valanghe che cadono spesso durante l'inverno. Si parla di almeno una quindicina di torrenti da attraversare. Il manuale dice che durante e dopo una forte pioggia i vari guadi possono arrivare ad altezza vita e che talvolta i corsi d'acqua sono così impetuosi che… consigliano di aspettare (cosa? la primavera?).

Insomma, probabilmente sarebbe stato fattibile, ma avrei corso qualche rischio di troppo.

Sulla strada per Milford Sound, con nuvoloni in lontananza.

Come programma alternativo, mi sono spostato in auto fino a Milford Sound e ora sono in un bel campeggio a poche centinaia di metri dal molo. Il Sole stamattina illuminava Te Arau, ma era chiaro che verso le montagne il maltempo era già arrivato.

Parete che piange, poco lontano da Milford Sound.

Nonostante l'acqua, la famosa strada che da Te Arau porta a Milford Sound (due ore, 110km) è altamente spettacolare. Impressionanti le montagne che piangono; ogni volta che arriva una forte pioggia (cioè quasi tutti i giorni), si formano innumerevoli cascate bianche su tutte le pareti.

Sono stato al molo, ma per ora non si vede un tubo. Domattina farò una gita in nave lungo tutto il fiordo, fino ad arrivare al Mare di Tasmania. Spero che nel frattempo il nebbione si alzi, anche se non ho molte speranze per la pioggia, che dovrebbe cadere abbondantissima fino a lunedì sera.

Milford Sound questo pomeriggio. Spero in qualcosa di meglio domani mattina...

 

Montagne e laghi turchesi, sempre più a sud

Nebbione a Lake Tekapo.

Venerdì 3 maggio 2013. In viaggio: giorno 64. In Nuova Zelanda: giorno 10.

Dopo innumerevoli favoritismi, oggi la dea bendata mi ha voltato le spalle. Dopo una freddissima (2°C) e piovosa notte accampato presso Lake Tekapo, speravo in uno dei soliti capovolgimenti atmosferici, ma mi è andata male.

Lake Tekapo è famoso per i minerali in sospensione che gli donano una colorazione particolare, turchese, simile a quella degli Emerald Lakes di qualche giorno fa. Una serie di bellissime montagne dovrebbe fare da sfondo, e gli alberi, che ormai vestono l'abito autunnale, dovrebbero specchiarsi nell'acqua creando spettacolari composizioni. Io ho beccato pioggia e un nebbione impenetrabile (vedi foto).

I colori di Lake Tekapo.

Pochi chilometri dopo, uno degli altri obiettivi di giornata: Lake Pukaki. Lungo lungo, stessi colori dell'altro lago, in fondo dovrebbero essere visibili le più alte cime della Nuova Zelanda, a partire dal celebre Monte Cook (3755m). Nella fotografia, il pannello informativo con le cime che si dovrebbero vedere… Io ho beccato pioggia e un nebbione impenetrabile (vedi foto).

Quello che si dovrebbe poter vedere da Lake Pukaiki.

Quello che ho visto da Lake Pukaki...

Un po' abbacchiato, mi sono allora portato verso Queenstown che, nuovamente, dovrebbe presentarsi come la città più bella dell'intera Nuova Zelanda. Quando sono arrivato, verso ora di pranzo… pioggia e nebbione impenetrabile. Che tristezza. Ho girato allora per la ricca zona dei negozi che, per frequentazione e tipologia, ricorda Madonna di Campiglio o Cortina. Dopo pranzo, un premio di consolazione: nel giro di 20 minuti le nuvole sono tutte sparite e ho potuto ammirare la città nel suo splendore. Un grande lago dalle forme contorte, di colore blu intenso. Colline e montagne che si alzano direttamente dalle sponde, boschi di abeti, e tante case bianche e basse disseminate dappertutto. In più, un'articolata rete di passeggiate che promette giorni e giorni di esplorazioni. Mmm, sembra un bel posto dove fermarsi almeno un paio di settimane… magari in un viaggio futuro.

Una piccola porzione del centro di Queenstown.

Verso sera mi sono spostato a Te Anau (villaggio e lago omonimi), seguendo per oltre 180km una strada altamente panoramica. Arrivato col buio, non ho potuto vedere cosa ha da offrire il paesino, ma domani mi rifarò.

Piazzola picnic lungo la strada panoramica per Te Anau.

Questa sera mi concedo una serata in albergo, così finalmente potrò fare una bella doccia calda in ambiente caldo. Domattina andrò a fare visita all'unica agenzia di viaggi che organizza i trasferimenti (bus + barca + traghetto) per il Milford Track anche durante il periodo invernale. Ha sede proprio a Te Anau che, non a caso, è il posto abitato più vicino a Milford Sound.

Neve fresca (intorno agli 800m) questa mattina.

Altro frutto che non conoscevo. Di origina sudamericana, cresce bene anche qui. Assomiglia vagamente al passion fruit, ma il sapore è più acidulo.

 

Mare + Montagna a Kaikoura

Incredibili contrasti lungo la Kaikoura Peninsula Walkway: pascoli alpini, alte montagne e... il mare!

Mercoledì 1 maggio 2013. In viaggio: giorno 62. In Nuova Zelanda: giorno 8.

Dopo un improvviso crollo notturno della temperatura (4°C all'interno del campervan) questa mattina ho trovato cielo terso e aria frizzante. Ho anche scoperto che, nonostante l'impressione negativa di ieri al buio, dopo tutto ho dormito in un bel posto (vedi fotografie), sulla riva di un laghetto popolato da un gruppo di cigni neri.

Ho dormito qui.

Laghetto con cigni neri.

Il piano per il momento è di viaggiare lungo la costa est, in direzione sud, verso Christchurch e di fermarmi se vedo qualcosa di interessante. Beh, numerose occasioni. Qui ci sono colline verdi, alte montagne innevate, il mare, scogliere, mucche, pecore, foche, gabbiani… tutto mischiato contemporaneamente e con armonia.

Guidare è un piacere, anche se lo stimolo a fermarsi per scattare qualche fotografia è quasi costante. Non posso saltare la mia prima colonia di foche. A pochi metri dalla strada, sugli scogli ce ne sono a decine, tranquille a prendere il sole e a riposarsi. Sono belle cicce e hanno una folta pelliccia. Non per niente sono le fur seal della Nuova Zelanda.

Dopo qualche decina di chilometri, resto colpito dalla bellezza dei contrasti fra mare e monti di Koikoura e decido di passare dall'ufficio informazioni per scoprire qualcosa di più di questo posto. Piacevole sorpresa: la principale attrazione di Koikoura è una famosa passeggiata che porta a fare il giro completo della penisola, sia via spiaggia, sia dall'alto della verde scogliera, passando per una importante colonia di foche. Ecco allora risolta la giornata: oggi si cammina lungo la Kaikoura Peninsula Walkway. Credo siano circa 13km, e ne valeva decisamente la pena (vedi foto).

Nel pomeriggio ho ripreso il viaggio verso sud, sempre lungo la costa. Domattina presto conto di arrivare a Christchurch, dove passerò alcune ore. Poi, via… alla volta della lontanissima Queenstown che, secondo Carla dell'ufficio informazioni di Otaki, è la più bella città della Nuova Zelanda… e mentre lo diceva, le scappava la lacrimuccia. Queenstown è anche la città più vicina al Milford Track, quindi tutto rientra nei piani. A proposito di questo cammino, oggi ho raccolto nuove informazioni e credo che sia possibile percorrerlo, anche se devo stare molto attento agli orari dei vari trasporti. Definirò meglio il tutto una volta arrivato a Queenstown.

 

Isola Sud!

Wellington dal traghetto.

Martedì 30 aprile 2013. In viaggio: giorno 61. In Nuova Zelanda: giorno 7.

Nella discesa verso sud ieri mi sono fermato a Otaki, un anonimo paesino a circa un'ora da Wellington. Grazie all'efficiente ufficio informazioni ho prenotato il traghetto per il trasferimento verso l'Isola Sud. Il costo del biglietto purtroppo è molto superiore a quel che immaginavo; oltre 200 dollari sola andata… 150 dollari per il campervan, più 50 dollari a persona. Effettivamente si tratta di oltre tre ore di viaggio, ma comunque mi aspettavo di spendere meno della metà.

In attesa di partire, ho passato un paio d'ore a Wellington, dove ho gironzolato un po' senza meta nei dintorni del molo e della stazione dei treni. Il mix di colline boscose, spiaggette, edifici bianchi e bassi, un centro con alti palazzi, mi ricorda Sydney, ma qui il mare sembra più freddo e le spiagge più piccole. Passando per il grande supermercato inserito nel palazzo della stazione ho nuovamente notato gli strani frutti che ho sperimentato ieri per la prima volta. Originari della Nuova Zelanda, sono assolutamente buonissimi e si chiamano Feijoas. Slurp!

Dopo i buonissimi kiwi dorati, ecco i Feijoas.

Il traghetto è del tutto simile, per dimensioni, struttura, ristorante, poltrone, a quello che fa servizio fra Italia e Corsica. Oltre al simpatico signore che esibiva un'improbabile maglietta del Lago di Garda (non c'è mai stato, non sapeva nemmeno in che parte d'Italia fosse), ho casualmente incontrato una bella coppia di italiani.

Si tratta di Piero e Antonella, lui sardo, lei pugliese trasferita a Milano. Piero è un cantante lirico professionista e in questi mesi sta lavorando in Nuova Zelanda, dove presenta Madama Butterfly di Puccini nelle città più importanti. E' riuscito a ricavarsi una decina di giorni di pausa e così Antonella l'ha raggiunto, per una breve vacanza nel lembo più settentrionale dell'Isola Sud (Mangarakau, Cape Farewell, e Farewell Spit). Ci siamo incontrati quando ormai mancava pochissimo all'arrivo, ma siamo comunque andati oltre il banale e mi resterà sempre un bel ricordo di loro. Piero mi avrebbe anche invitato alla prima rappresentazione dell'opera a Wellington, ma sarà l'11 maggio, troppo tardi; quella mattina dovrò infatti essere già a Auckland per riconsegnare il campervan. Ha anche accennato alla possibilità di assistere alle prove generali il 9 maggio. Forse forse potrei riuscire ad organizzarmi; non appena avrò le idee più chiare sul programma dei prossimi giorni proverò a ricontattarlo. Certo sarebbe un'occasione unica, e forse per le prove generali non è nemmeno necessario un vestito da sera, che ovviamente non ho.

L'inconsapevole amante del Lago di Garda.

Ecco Antonella e Piero.

L'Isola Sud mi ha accolto con il buio e con la pioggia, ma ho subito notato che i villaggi sono molto più rari e le colline dalle belle forme tondeggianti sono più selvagge. Ulteriore segnale, l'autoradio spesso non riceve nemmeno una stazione… eh, mi sembra di essere tornato in Scozia. Per la notte mi sono piazzato in un'area picnic isolatissima, più o meno a metà strada fra Blenheim e Kaikoura, lungo la costa est.

Primissimo contatto con l'Isola Sud, all'imbocco del fiordo che porta a Picton, punto d'arrivo del traghetto.

Mi sto studiando il programma dei prossimi giorni. Vorrei puntare tutto sul Milford Track, 4 giorni a piedi nei fiordi del Sud, con cascate alte mezzo chilometro e arrivo nel celeberrimo Milford Sound. Purtroppo sembra che la stagione dei grandi cammini si concluda oggi 30 aprile e che tutti i servizi di trasporto – necessari visto che sono indispensabili alcuni trasferimenti in nave – siano sospesi fino alla fine dell'inverno. Domani cercherò di scoprire se esiste qualche possibilità. Comunque sia, viste la distanze e i pochi giorni a disposizione, è chiaro che dovrò sorbirmi (o gustarmi…) alcune sessioni di guida da 500km al colpo.

 

Il cielo è blu sul Tongariro

Blue Lake (1725m) a sinistra, uno degli Emerald Lakes a destra.

Domenica 28 aprile 2013. In viaggio: giorno 59. In Nuova Zelanda: giorno 5. A piedi: giorno 25.

Tongariro Alpine Crossing (TAC): giorno 1.

Miracolo! Fortunissima! Le previsioni del tempo erano sbagliate. I miei vulcani hanno generato una bolla di alta pressione di 30km di raggio che ha tenuto lontano le nuvole. Non so come sia possibile, ma davvero, in quasi tutte le direzioni si poteva vedere, lontano, una distesa di nuvolacce cariche di pioggia. Se avessi una connessione internet flat mi metterei a cercare le immagini satellitari di questa mattina; sono sicuro che troverei una Nuova Zelanda bianca di nubi, con un buco circolare intorno al Tongariro…

Il punto di partenza del cammino è un parcheggio che si trova al termine di 7km di strada non asfaltata. Alle 5:30 la stradina viene aperta e, dopo il passaggio di 60 veicoli, inesorabilmente chiusa fino al mattino successivo. Qui è autunno inoltrato (equivalente al nostro fine ottobre) e l'alba arriva solo alle 7. Sveglia quindi col buio pesto, allietata però da un'incredibile e molto inaspettata (fino alle 23 di ieri pioggia a catinelle) distesa di stelle. Alle 6 ero al parcheggio, già mezzo pieno, dove con tutta calma ho fatto colazione.

In lontananza un alto vulcano già innevato, sede delle più importanti stazioni sciistiche dell'isola Nord. Più vicino, in fondo alla valle, a sinistra il contorno frastagliato del Tongariro (1967m) e a destra il notevole cono vulcanico rosso del Ngauruhoe (2291m) che, pur essendo più alto, è considerato uno sbocco secondario del Tongariro.

Inizio a camminare alle 7:30, su largo e pianeggiante sentiero, insieme a una moltitudine di altri escursionisti. Dalle dimensioni degli zaini e dall'ora di arrivo al parcheggio si può individuare chi, come me, aveva deciso di partire con qualunque tempo, e chi invece, visto il bel tempo, ha improvvisato una gita domenicale. C'è da dire che molti dei meno attrezzati hanno dovuto rinunciare una volta saliti in quota a causa del vento, fortissimo e freddo soprattutto lungo i bordi dei crateri.

In mezzo al South Crater.

C'è chi fa una corsetta nel South Crater. La prossima volta, anch'io!

A parte la vegetazione strana e i sassi evidentemente volati nella loro posizione attuale nel corso di varie eruzioni, è l'ingresso e l'attraversamento del South Crater (1659m) a dare davvero la sensazione di trovarsi non solo in zona vulcanica, ma proprio dentro un vulcano. Dopo il South Crater, ecco la salitella dove il vento di cresta comincia a battere senza pietà. Molti non resistono che pochi secondi, in braghette corte e maglietta, e ritornano sui loro passi verso il parcheggio.

Il punto più alto del TAC si trova a fianco del Red Crater (1886m), da dove si gode di una vista pazzesca. Oltre ai già citati vulcani, in primo piano, poco sotto, si possono ammirare il Blue Lake (1725m) e uno degli Emerald Lakes; specchi d'acqua che, grazie alle esalazioni vulcaniche, presentano una colorazione azzurra straordinaria. Lontano, dietro al Blue Lake, si può ammirare la brillante superficie del Tuapo Lake illuminata dal Sole. Ancora più distante, infinite montagne disposte su piani multipli, dall'apparente colore blu.

Blue Lake (1725m).

Uno degli Emerald Lakes.

Da qui si potrebbe proseguire per altri 700m fino al Blue Lake, ma un cartello (vedi foto) sconsiglia di andarci, se non nel contesto di un cammino più lungo che porta a scendere verso sud-est, e comunque muovendosi alla massima velocità possibile, per minimizzare il rischio di essere colpiti dalle pietre volanti o da esalazioni pericolose. Pochi metri oltre il cartello si apre un buco nel terreno, dal quale escono strani fumi giallognoli… Dietro un'altura c'è una nuvola molto bassa… ma non è una nuvola; sono infatti fumi vulcanici. Quando vedo che i locali sembrano spaventati, anch'io decido di rinunciare ai 700m aggiuntivi, soddisfatto comunque della vista dei laghi da sopra.

Ho tutto il tempo quindi di salire fino alla cima del Tongariro (1961m), poco distante. Sono l'unico a fare questa scelta, probabilmente a causa del cammino tutto in cresta, dove si viene frustati dal vento. In effetti non è semplicissimo mantenere l'equilibrio e in più occasioni devo tenermi alle rocce per non volare via (non sto scherzando), ma di per sé la salita sarebbe del tutto priva di difficoltà. Bellissima la vista dalla cima (vedi foto), con South Crater, cono del Ngauruhoe, e vulcano innevato subito dietro.

Vista (quasi) dalla cima del Tongariro (1967m).

Sulla via del ritorno avrei tutto il tempo di affrontare la più impegnativa salita del cono rosso del Ngauruhoe (2291m). Senza sentiero, 600m di salita su ghiaione ripidissimo, di fianco all'ultima colata lavica del 1975. La salita però è già piena di gente e notoriamente uno dei rischi principali è legato ai sassi che, mossi da chi sta sopra, possono precipitare in testa a chi sale. Osservando i salitori, tutti in fila indiana, noto anche che hanno sbagliato via, invece di risalire in mezzo, hanno seguito una falsa traccia e si sono bloccati sulle rocce quasi verticali. Alcuni stanno tornando indietro, altri si sono arrampicati, gli altri da sotto sono a rischio di beccarsi un sasso in testa. Sarebbe stato più saggio salire per primo la mattina presto. Decido quindi di non prendermi rischi inutili e con calma riprendo il cammino verso il parcheggio, passando dalla piacevoli cascatelle di Soda Springs e dalla Mangatetopo Hut, un tipico rifugio neozelandese. Diverso da quelli ai quali siamo abituati, l'edificio è simile a quello dei rifugi alpini, ma non ci sono gestori e funziona essenzialmente come un bivacco di lusso.

Ora sono al calduccio nel mio campervan, in un anonimo parcheggio lungo la strada per Wellington. Manco a dirlo, appena mi sono lasciato alle spalle il parco nazionale del Tongariro, pioggia torrenziale. Nulla da dire, sui vulcani sono stato fortunatissimo, anzi, di più!

Domani viaggerò con tutta calma alla volta di Wellington e non scriverò il diario.

E questo, che vulcano è?

Altro cono misterioso: cosa sarà?