Giorno 30, mercoledì 16 maggio, Ribadiso – Santiago

Il mio piano per la tappa di oggi era semplice: avvicinarsi il più possibile a Santiago. Nella migliore delle ipotesi, pensavo di fermarmi a dormire nell’estrema periferia della città, altrimenti un po’ prima sul Monte del Gozo. Per il mio ginocchio ballerino si sarebbe trattato in ogni caso di un tappone, al limite delle mie possibilità attuali.

Con questi pensieri sono andato a fare colazione nell’unico bar di Ribadiso, zoppicando in maniera preoccupante. E qui si è verificata l’ennesima coincidenza. Mi sono assentato per lavarmi i denti e al mio ritorno ho trovato, seduta casualmente al mio stesso tavolo, Christel, la signora belga che ormai incontro spessissimo. Abbiamo così deciso di camminare insieme, con l’idea di avvicinarci il più possibile a Santiago.

L’aria fresca del mattino e i percorsi ombreggiati fra gli eucalipti hanno favorito il nostro cammino e per ora di pranzo siamo arrivati a Pedrouzo, a soli 21km da Santiago. Il mio ginocchio piangeva e i piedi di Christel si erano trasformati in “killing feet”, ma abbiamo comunque deciso di proseguire ad oltranza, almeno fino alla periferia di Santiago.

Il pomeriggio è stato molto più duro. Il Sole implacabile, il caldo bestia, lunghe salite e discese dalle parti dell’aeroporto, prive di alberi e di qualsiasi riparo. In alcuni punti abbiamo dovuto fare lunghe pause per recuperare un po’, ma non abbiamo mai abbandonato l’idea di arrivare.

Poco dopo le 19 abbiamo toccato la periferia della città, seriamente devastati. Ci siamo guardati negli occhi, e abbiamo fatto la bella pensata di andare fino alla Cattedrale e concludere insieme il cammino. Per farla breve, siamo arrivati in Praza do Obradoiro circa un’ora dopo, con grande soddisfazione abbiamo ritirato la Compostela, e ci siamo goduti lo spettacolo della piazza, stanchi ma felici.

Abbiamo anche scoperto che domani sarà un giorno molto importante a Santiago. La festa dell’ascensione è infatti giorno festivo e questa sera ci saranno feste e manifestazioni ovunque. La Messa delle 12 di domani sarà di eccezionale importanza e potremo assistere al famoso rito del Botafumeiro. Molto bene.

Dopo 30 giorni di cammino, concludo qui il diario di questa avventura. La giornata di domani e il possibile cammino verso Finisterre resteranno “privati”. Un grazie di cuore a chi mi ha seguito in questi giorni: spero di non essere stato troppo noioso e di avere portato una testimonianza che magari, un giorno, potrà invogliare qualcun altro a partire… A PIEDI!

Giorno 29, martedì 15 maggio, Areixe – Ribadiso

Un’altra incredibile coincidenza. Questa mattina, dopo essermi alzato rigorosamente per ultimo e aver completato nel dormiveglia il consueto rituale di preparazione dello zaino, sono uscito in strada alla ricerca di un bar per la colazione. Proprio in quel momento è passata di lì Serena, l’amica italiana con la quale ho camminato diversi giorni fa e che ormai pensavo di non vedere più. I miei giorni di semi-riposo le hanno consentito di recuperare il distacco e così ci siamo ritrovati. Bastava che lei arrivasse 20 secondi prima (o dopo) e non ci saremmo nemmeno visti.

Lei deve assolutamente arrivare a Santiago domani e quindi ha previsto per oggi e domani tapponi da 40km. Anche se al momento per me queste distanze sono fuori portata (maledetto ginocchio!), abbiamo comunque camminato insieme quasi tutto il giorno, godendoci la prima vera giornata perfetta per camminare (cielo terso, aria fresca) e i paesaggi boscosi della Galizia. Seguendo i consigli della guida, a pranzo abbiamo optato per la storica pulperia Ezequiel di Melide, dove abbiamo ovviamente provato il celebre pulpo a la gallega (vedi foto), accompagnato da un buon vino, servito nelle caratteristiche ciotole. Nel pomeriggio, quando io sono arrivato all’ostello, Serena ha proseguito per la sua destinazione di giornata.

A metà mattina ho anche ritrovato la coppia di sposini tedeschi che sta portando lungo il cammino la loro figlia di 8 mesi, comodamente adagiata in un carrettino. Ovviamente hanno fatto parecchie tratte in treno, ma è stato comunque bello rivederli dopo quasi due settimane, ancora in forma, anche se un po’ provati.

Parlando di incontri, a cena ho conosciuto Laura, una ragazza italiana che il 17 aprile ha viaggiato sul mio stesso aereo da Bergamo a Lourdes. Come quasi tutti i miei compagni di volo ha iniziato il cammino a Saint Jean e mi ha aggiornato sulle disavventure capitate agli altri: praticamente, del gruppo iniziale molti sono tornati a casa per danni fisici di vario tipo, alcuni sono rimasti molto indietro, un anziano signore trentino è svenuto il primo giorno… Ora lei cammina con Daniele, un altro simpatico italiano dall’aria molto rilassata. Anche Laura camminerà come me fino a Finisterre e poi tornerà a Bergamo sul mio stesso aereo, il mio stesso giorno. Direi che avremo senz’altro occasione di rivederci, anche se non domani, visto che lei partirà prestissimo.

Ormai sono arrivato a soli 40km da Santiago e la tentazione di arrivare domani sera sarebbe forte: vediamo come si comporterà il mio ginocchio pericolante.

Giorno 28, lunedì 14 maggio, Barbadelo – Areixe

E così sono passato dal cippo dei 100km. Niente di speciale, qualcuno si ferma a fare foto-ricordo, e il numero di scritte è decisamente superiore alla media (vedi foto). Mi aspettavo un’esplosione del numero di pellegrini da questo punto in poi, ma in realtà non ho notato differenze: meglio così.

Questa mattina ho fatto il solitario nella nebbia, mentre dopo pranzo ho incontrato nuovamente Christel, la signora belga che in varie occasioni ha condiviso con me parti del cammino. La conversazione con lei è sempre piacevole e ha una risata estremamente contagiosa. Tutto sommato, i dolori fisici che ultimamente mi hanno costretto a rallentare hanno avuto anche l’effetto positivo di permettermi di incontrare le stesse persone per più giorni di seguito: non tutto il male vien per nuocere. Detto questo, preferirei ovviamente stare bene, ma vedo che riesco a gestire abbastanza bene il dolore al ginocchio, senza grandi drammi.

Oggi ho deciso di seguire l’istinto e allungare decisamente la tappa rispetto a quanto suggerito dalla guida. Una volta arrivato a Ligonde, il paesino che avevo scelto come destinazione di giornata, una sorpresa poco piacevole: l’ostello è chiuso! Già molto stanco per via del ginocchio ululante, sono andato al paesino successivo, dove ho trovato tutto pieno. Mi stavo rassegnando a fare ulteriori 3km, quando la signora dell’ostello municipale si è impietosita e ha spostato un paio di persone nella stanza riservata ai disabili, riuscendo a ricavarmi un letto nell’affollato dormitorio comune. Se ho ben capito, ha deciso di venirmi incontro per due motivi: perché venivo da lontano (da Barbadelo), e perché sono italiano. Evidentemente gli spagnoli hanno una simpatia per noi italiani.

Confermo le impressioni sulla Galizia che ho riportato ieri: da tutti i punti di vista, a parte l’affollamento, la parte più bella del cammino. E mancano solo 72km…

Giorno 27, domenica 13 maggio, Triacastela – Barbadelo

Sembra di essere in uno dei boschi della Terra di Mezzo (fra l’altro, siamo nei dintorni di Brea!), con gli stessi alberi enormi, contorti e ricoperti di muschio ed edera. La nebbia mattutina, una della costanti di questi luoghi, aggiunge magia e mistero al cammino in terra di Galizia. Come dice la guida, ci si potrebbe aspettare di avvistare una pattuglia di elfi da un momento all’altro.

Anche se purtroppo si nota che l’affollamento sta intensificandosi, c’è comunque la possibilità di assaporare in tutta tranquillità momenti di solitudine immersi in questa natura quasi primordiale.

Belli anche i paesini attraversati questa mattina nella solitaria valle di San Xil. Non so perché, ma i più piccoli sembrano non aver subito l’impatto del cammino e non presentano alcun servizio per i pellegrini. In alcuni momenti, la mancanza di automobili, di macchinari agricoli, e di qualsiasi oggetto tecnologico, unita alla presenza indisturbata di animali (vacche, maiali, cani, gatti, galline) e loro deiezioni (e odori), sembra riproiettarci indietro di almeno un secolo. Una sensazione difficile da dimenticare.

Tappa dunque fra le più belle, sia come paesaggio, sia come terreno, anche se in alcuni tratti appare evidente che durante i giorni di pioggia devono formarsi enormi laghi di fango. Fortunatamente da qualche giorno non piove e, almeno da questo punto di vista, ho limitato i danni.

A proposito di danni, anche oggi ho seguito il libro, con tappa molto breve per permettere al fisico di recuperare. Il ginocchio è sempre malandato, anche se nel primo pomeriggio stavo particolarmente bene e mi sarei sentito di proseguire molto più in là di Barbadelo. La prudenza mi ha comunque suggerito di fermarmi in un ostello un po’ appartato, stranamente poco frequentato (solo tre ospiti), dotato di un giardino straordinario, dove ho passato un bel pomeriggio a rilassarmi, leggere, e abbrustolirmi al Sole.

Ora la distanza da Santiago è di 107km e domattina dovrei superare il fatidico cippo dei 100km, proprio nei pressi di Brea.

Giorno 26, sabato 12 maggio, O Cebreiro – Triacastela

Da qualche tempo ormai seguo alla lettera le tappe consigliate dalla guida, senza cercare più di guadagnare giorni. Da una parte, è perché non ne ho bisogno; a meno di imprevisti, dovrei arrivare a Santiago il 17 e avere così tempo a sufficienza per camminare fino a Finisterre. Ma c’è anche un altro motivo: comincio ad avere qualche acciacco. Ieri le vesciche, l’altro ieri la sindrome di John Wayne, il giorno prima le spalle… oggi invece il ginocchio sinistro ha fatto i capricci e mi ha costretto a muovermi con molta cautela lungo tutta la discesa da O Cebreiro. Niente di grave, ma il mio intuito mi dice che avrei bisogno di alcuni giorni di riposo per recuperare del tutto il ginocchio e, visto che non è possibile, dovrò convivere con questo dolorino cronico e ascoltare con attenzione questa parte del corpo.

I paesaggi della Galizia sono stupendi, tutto è ondulato, verde, boscoso, e a tratti immerso in una nebbiolina caratteristica. Anche il cammino si svolge interamente su terreno ottimale, con larghi sentieri pietrosi che evitano in ogni modo di affiancarsi alla statale. Bello.

Essendo arrivato all’ostello prestissimo, sperimento ancora una volta la giornata tipo del pellegrino medio. Tutto molto tranquillo, dopo la doccia si fa il bucato, poi sonnellino, poi in sala comune per scrivere il diario, poi attesa famelica della cena. Sono appena le 17:30 e alcuni tedeschi hanno già cenato da un pezzo… Mah, io di solito a quest’ora sono ancora in strada con diversi chilometri da macinare.

La doccia dell’ostello è assolutamente terribile. Diffusore fisso sopra la testa che non permette di evitare il getto. Sul muro, due pulsanti. Se si preme quello sinistro, si ottengono 5 secondi di acqua bollente, da urlo. Se si preme quello destro, 5 secondi di acqua gelida, da urlo. Se si premono entrambi contemporaneamente, si ottiene: 1 secondo di acqua bollente, 1 secondo di acqua gelida, 1.5 secondi di acqua giusta, 1.5 secondi di acqua bollente. Insomma, un incubo, tanto che fino a poco fa non era raro sentire urli disumani provenire dal locale docce.

Ora a cena con Harald, con una ragazza danese esperta di agopuntura, con la signora belga con la quale ho condiviso ieri una pare del camino duro, e con una signora norvegese di 66 anni che mi ha detto che sono “sweet” e “the dream of every mother-in-law”. Mah, sperando non ci siano significati (derisori) nascosti, immagino si tratti di un complimento. Buon appetito!

Giorno 25, venerdì 11 maggio, Villafranca del Bierzo – O Cebreiro

“Camino duro”. Già il nome fornisce un buon indizio. Se poi si legge il cartello posto all’inizio di questa variante (vedi foto) oppure le parole della guida (vedi sotto), la situazione diventa ancora più chiara:
“Attenzione: all’uscita di Villafranca … dei segnali gialli indicano anche una variante fino a Trabadelo indicata come camino duro; il nome dice abbastanza: si tratta di circa 11km con 460m di salita e 380 di discesa. Se nella tappa odierna pensate di arrivare a O Cebreiro, evitate questa fatica ulteriore.”

Ovviamente ho scelto il camino duro e… ho fatto molto bene. A parte la discesa finale un po’ ripida e parzialmente su asfalto, è stato uno dei tratti più belli di tutto il cammino. In ambiente montano, vicino alle creste, attraverso prati e boschi colorati. Si passa vicino anche ad alcuni campi relativamente poco frequentati, dove ho assistito ad una scena d’altri tempi. Un coppia anziana, direi più sugli 80 che sui 70, che arava come si faceva una volta, con l’asino. Andavano avanti e indietro e per far partire l’asino, il comando urlato a tutta voce era: “ARAAAA!”. Sorprendente l’agilità e le doti da equilibrista della vecchietta.

A Trabadelo mi sono rifocillato in un bar e ho ritrovato, dopo diversi giorni, Harald (si chiama Harald e non Harold). Sempre molto gioviale e aperto, abbiamo condiviso il cammino per il resto della giornata. Il lungo tratto asfaltato prima del salitone finale è quindi volato, anche se i dolorini da asfalto restano sempre in agguato.

Harald mi ha anche salvato da una situazione che stava per diventare complicata. Già da qualche giorno stavo cercando di prelevare contanti nei vari sportelli che incontravo per strada, sempre senza successo. Oggi ho voluto andare a fondo e ho rotto le scatole all’impiegato della banca finché non abbiamo risolto il mistero: mi si è smagnetizzato il bancomat. Visto che non ho mai memorizzato il pin della carta di credito, mi era di fatto impossibile ottenere contanti. La mia riserva si era ridotta ad una cifra che mi sarebbe bastata al massimo per un paio di giorni… grande guaio. Harald ha seguito le mie peripezie bancarie e ha poi spontaneamente deciso di prestarmi una cifra importante che mi permetterà di arrivare tranquillamente alla fine del viaggio senza problemi. Appena a casa provvederò immediatamente a saldare il mio debito tramite bonifico; resto comunque colpito dalla fiducia e dalla generosità: altri piccoli miracoli del cammino. Grazie Harald!

La salita verso O Cebreiro è effettivamente molto più ripida di quelle viste finora, ma nulla di più di una qualsiasi camminata in montagna nelle Dolomiti, tanto più che il dislivello non è per nulla proibitivo: poco più di 600m. I paesaggi e il paesino stesso di O Cebreiro sono davvero eccezionali e, poco prima dell’arrivo, ho passato il cippo che segna il passaggio dalla regione Castilla y Leon alla Galizia. Ora non cambierò più regione fino alla fine di quest’avventura. Per la cronaca, mancano 151km a Santiago.

Per non dimenticare, scrivo qui una nota a proposito di un cammino tipico del nord della Svezia, seguendo le migrazioni stagionali delle popolazioni esquimesi. Ne ha parlato a cena una ragazza tedesca e al mio ritorno intendo approfondire la questione.

Giorno 24, giovedì 10 maggio, Ponferrada – Villafranca del Bierzo

Ormai devo rassegnarmi e smettere di improvvisare. Finora sono sempre partito molto dopo rispetto agli altri, camminando tutto il giorno, fino anche a molto tardi, almeno per gli standard dei pellegrini. Si trattava di un’ottima idea, sia per evitare le masse, sia perché le temperature esageratamente fredde lo permettevano. Ora non più. Ieri e, soprattutto, oggi, il termometro si è normalizzato su valori pienamente estivi e mettersi in strada durante le ore più calde è decisamente un suicidio.

La tappa di oggi, che doveva essere breve e di tutto riposo, in realtà è stata abbastanza distruttiva. Nonostante i paesaggi molto interessanti che mi ricordano le Marche – colline ben coltivate, vigneti, case per lo più in ottima forma, fiumi e ruscelli – i piedi hanno calpestato quasi sempre asfalto rovente, rovinandosi a causa di nuove vesciche formatesi su altre già guarite. Tutte queste vesciche, sia quelle vecchie, sia quelle nuove, derivano esclusivamente da camminata su asfalto, grrr… Il cammino pomeridiano è quello che ha fatto i danni maggiori: mi sembrava di sentire il calore della strada sui piedi e l’intensità del dolore moltiplicasi. Per fortuna il problema che mi ha assillato ieri tutto il giorno, oggi non si è ripresentato: miracolo della crema magica.

Il problema del pomeriggio è che qui abbiamo lo stesso fuso dell’Italia, ma siamo moooolto più a ovest, quindi le ore più mortali sono quelle che vanno dalle 14 alle 18. Visto che negli ostelli si cena già alle 19 (a volte anche alle 18:30), la strategia di camminare un po’ il mattino e un po’ la sera diventa poco praticabile. E’ quindi imperativo arrivare a destinazione presto, idealmente entro le 14.

Domani prevedo una tappa epica, con salita verso O Cebreiro, uno dei luoghi simbolo del cammino. Già nella versione base, la guida indica difficoltà massima, ma avrei intenzione di prendere la variante chiamata “camino duro”, un nome, un programma. Domattina mi alzerò quindi anch’io prestissimo, come i tedeschi e gli olandesi, e sfrutterò le ore fresche della giornata, come i pellegrini di luglio e agosto. Ne consegue che devo andare a dormire presto: buonanotte!

Giorno 23, mercoledì 9 maggio, Rabanal del Camino – Ponferrada

Oggi giornata intensa, molto bella, ricca di incontri, anche strambi. Ho però vissuto anche alcune difficoltà fisiche che mi hanno portato a rallentare molto, arrivare particolarmente tardi, e a soffrire un po’. Non voglio entrare nei dettagli… diciamo che sono stato colpito dalla sindrome di John Wayne. Si comincia a camminare stile cowboy e poi bisogna entrare in farmacia, spiegare (in spagnolo) alla commessa di che si tratta, osservare i sorrisini, e uscire con la crema magica per la pelle dei neonati. Bah, speriamo faccia effetto e di svegliarmi domattina senza sindrome.

La salita verso la Cruz de Hierro presenta un bel sentiero fra cespugli di fiori colorati, prati e qualche tratto di bosco, tutto immerso nella nebbia. Un bella differenza rispetto alla pianura sterminata degli ultimi giorni. Non voglio raccontare la storia della croce (è in tutte le guide), ma solo far notare che prima di partire non ne sapevo nulla e quindi non mi sono preparato. Essenzialmente, si dovrebbe portare da casa un sasso e depositarlo ai piedi della croce, recitando un’apposita preghiera. Ad esempio, c’è chi si limita a scriverci sopra il proprio nome, chi avvolge il sasso in un foglio di carta sul quale ha scritto i suoi pensieri, chi lo colora artisticamente e, come sempre, c’è chi esagera. Gira la storia di un signore polacco che recentemente è arrivato alla Cruz a piedi da casa sua con un sasso di 8kg…

La discesa dai 1500m della Cruz ai circa 500m di Ponferrada è piuttosto lunga e faticosa, con gli ultimi 8km quasi interamente su asfalto: davvero devastante a fine tappa. Se alle mie difficoltà di giornata aggiungiamo che siamo passati dal gelo delle ultime settimane all’afa torrida di oggi, ecco che si spiega perché in questo momento mi sento così cotto.

Poco sotto la Cruz, si trova il famoso rifugio Manjarin, che espone i classici cartelli con le distanze verso i luoghi più importanti del pianeta. Come sottolinea anche la guida, tutti scattano qui una fotografia decisamente scontata. Volevo andare controcorrente e non estrarre nemmeno la macchina fotografica, ma uno dei cartelli mi ha quasi commosso (si fa per dire…): ecco che l’unica città italiana oltre all’ovvia Roma è… Trento, distante ben 1927km.

Dicevo di alcuni incontri strambi. Non ho tempo di descriverli per bene: mi limito quindi a pubblicare le fotografie e a scrivere qualche nota. Ho incontrato:

  • una ragazza che fa il cammino correndo (mi chiedo come sia possibile sostenere uno sforzo del genere per più giorni di fila);
  • un signore francese di una certa età che invece dello zaino ha un trolley (!!!);
  • un triciclo;
  • un ragazzo con mega-bandiera dell’Atletico Madrid. A quanto pare stasera c’è una finale di coppa e dai botti che sento credo abbiano vinto.

Giorno 22, martedì 8 maggio, Santibanez de Valdeiglesias – Rabanal del Camino

Finalmente qualche montagna. Niente di eccezionale, non sono né i Pirenei, né le Alpi, ma comunque la delicatissima salita iniziata questa mattina ci porterà domani sul punto più alto del Cammino Francese, a quota 1500m, sul monte Irago, dove si trova la famosa Cruz de Hierro. Ma di questo magari parlerò domani.

Oggi giornata ricca di incontri. Prima di tutto, questa mattina, quando sono uscito dall’ostello mezzo addormentato e con le gambe di legno, un ragazzo barbuto mi ha superato lanciatissimo. Non so perché, ma mi ha dato immediatamente l’impressione che fosse un italiano. Poche centinaia di metri dopo si è fermato per togliersi una maglia e quando l’ho raggiunto ho sentito che borbottava qualcosa tipo “che caldo!” (a proposito, la temperatura si è alzata di una decina di gradi, anche se continua a piovere come sempre). Colto subito l’italico idioma mi sono presentato e abbiamo poi camminato insieme per parecchi chilometri fino a ora di pranzo. Si tratta di Alessandro di Brescia, poco più di 30 anni, esperto montanaro e buon scialpinista. Ottima ed interessante conversazione sugli argomenti più disparati. Anche se Alessandro ha circa il mio passo (forse è anche un po’ più veloce di me, a dir la verità) e facciamo tappe di lunghezza comparabile, lui preferisce partire presto la mattina e arrivare a destinazione il prima possibile, in modo da avere il pomeriggio libero.

Dopo Astorga, quando inizia la salita (si fa per dire, in realtà per oggi si tratta di 300 metri di dislivello distribuiti su 20km) e decido di fare la mia solita mega pausa pranzo, saluto Alessandro che preferisce continuare direttamente fino a destinazione. Durante il pranzo faccio conoscenza con una ragazza americana di origine indiana, molto simpatica e chiacchierona, che sembra intenzionata a voler sapere tutto di me e dell’Italia. Il nome ha un spelling strano e purtroppo l’ho già dimenticato, diciamo che potrebbe essere qualcosa tipo Merjaa. La signora del bar, oltre ad essere molto brava a cucinare, quando capisce da dove vengo inserisce subito il cd di Pavarotti a tutto volume e… sorpresa! Sia lei, sia Merjaa amano la lirica e si mettono a cantare alcune arie a squarciagola, fra lo stupore degli altri clienti. Probabilmente si aspettano che mi unisca al coro dimostrando le mie italiche doti tenorili, ma astutamente mi astengo!

Dopo pranzo ho camminato per un’oretta con Merjaa, discutendo di possibili futuri cammini. Per non dimenticare i suoi suggerimenti, mi appunto qui l’Appalachian Trail americano e il cammino degli 88 templi giapponese… da indagare al mio ritorno. Anch’io ho fornito informazioni utili a Merjaa: ora è a conoscenza della Via Francigena.

Una volta salutata Merjaa, ho ripreso la salita col mio solito passo e dopo pochi minuti ho raggiunto Javier, ragazzo messicano super espansivo ed estroverso, che mi ha affiancato per un’altra oretta. Una giornata socialmente intensa ogni tanto ci vuole dopo tanti giorni di quasi-solitudine.

Un nota per chi legge: ho aggiunto una pagina riassuntiva di tutte le tappe, per avere maggiormente sott’occhio il cammino nel suo complesso. La si trova selezionando la voce “Cammino2012” nel menù in cima alla pagina.

Giorno 21, lunedì 7 maggio, La Virgen del Camino – Santibanez de Valdeiglesias

Ho trovato un pezzetto di savana sud-sahariana nel bel mezzo della Spagna del nord, per di più appena fuori dalla periferia di una grande città come Leon.

Beh, forse non è proprio corretto, probabilmente non c’è nemmeno una specie (animali o piante) in comune con la vera savana, ma mi sembrava di essere tornato nei parchi nazionali dell’Uganda, dove due anni fa ho fatto un bel safari. Pianura a perdita d’occhio, nessuna coltivazione, sterpaglie, qualche albero solitario, unico segno umano, un strada sterrata rossa. Mi è venuto istintivo osservare attentamente i cespugli e gli alberi, alla ricerca di elefanti, bufali, leoni, gazzelle. Controllavo anche la strada, aspettandomi di avvistare simpatici gruppi di facoceri. Purtroppo, niente bestie strane, ma comunque posso riportare un incontro ravvicinato con una cicogna (vedi foto).

Immerso nelle mie riflessioni, ho avuto anche un paio di episodi di paura acuta: perché ero a piedi e non al sicuro a bordo di un veicolo da safari? brividi…

Incredibilmente, ho assistito per la prima volta ad un avvincente spettacolo della natura. Un rapace, forse un falco o forse un’aquila, si è lanciato in picchiata e ha arpionato un leprotto, a poche decine di metri da me. Il tutto è durato solo pochi secondi e ovviamente non sono riuscito a immortalare nulla.

Per il resto, tappa bruttina, percorsa in quasi totale solitudine a lato di una strada asfaltata pochissimo trafficata (per fortuna), spesso sotto la pioggia.
Unica eccezione, il breve ma intenso tratto camminato con Rita, signora belga di 74 anni, ormai al suo decimo cammino. Partita da casa sua, camminerà anche questa volta per quasi quattro mesi di fila. Le piace camminare!

Bellissimo il ponte di epoca romana, ricostruito nel X secolo, che attraversa il fiume Orbigo. Con i suoi 300m è il più lungo del cammino e nei secoli è stato luogo di battaglie ed eventi leggendari, fra i quali l’epica sfida 9 contro 300 di un cavaliere medioevale originario di queste parti.

Due rapidi punti (anzi tre) sulla serata, prima di andare a letto:

  1. Roberto, l’hospitalero di Santibanez de Valdeiglesias è italiano, molto disponibile, e ci ha preparato un’ottima cena super abbondante.
  2. Abbiamo fatto un partitone internazionale a “non t’arrabbiare”, gioco conosciuto sotto diversi nomi in tutta Europa, anche se con regole leggermente diverse. Per la cronaca, ho perso miseramente.
  3. Sono appena le 22 e sono già andati tutti a letto, mah