Vita d’altri tempi sul Titicaca

La cognata di Edwin mentre tesse il filo.

Martedì 11 e mercoledì 12 giugno 2013. In viaggio: giorno 104 e 105. In Perù: giorno 13 e 14.

I 380 chilometri da Cusco a Puno sono filati lisci lisci, anche grazie alla felice scelta di appoggiarmi a Wonder Perù, un'agenzia che organizza bus turistici di lusso, con tanto di guida multilingua e fermate lungo il percorso per visitare musei, chiese, siti archeologici, copresi alcuni minuti di pausa anche sul punto più alto del percorso, il passo La Raya, 4335m.

Puno è una città di 230mila abitanti, a 3900 metri di quota, sulla costa del Lago Titicaca. A parte un paio di strade pedonali e la piazza principale, non è una città bella come Cusco. Tanti ristorantini dall'aspetto trasandato, edifici quasi fatiscenti, pochi turisti in giro. E poi è piuttosto freddo. Non appena cala il sole oppure passa una nuvola, la temperatura precipita, tanto che ho sempre girato con maglioncino e giacca antivento.

Tromba d'aria sul Lago Titicaca. Immagino non capiti spesso, soprattutto durante la stagione secca.

Isole volanti, grazie a un simpatico effetto ottico.

Sono partito da Cusco con un nome in tasca: Edwin. Il contatto arriva dai gestori dell'ostello Caith, so che passerà a prendermi in albergo alle 7:20 di martedì per un'esperienza di due giorni su una delle isole del lago. Non so altro, ho deciso di non indagare oltre e di non crearmi aspettative di alcun tipo.

Edwin è puntualissimo e l'impressione è subito positiva. Indossa abiti tradizionali, ha un bel sorriso costantemente stampato in faccia e parla un misto di italiano e spagnolo; grazie al contatto con l'ostello “italiano” lavora infatti quasi sempre con turisti italiani. Dopo pochi minuti passiamo a prendere i miei compagni d'avventura: una bella coppia di italiani sposati da poco, Manuela e Gerri, che sta facendo un viaggio eco-responsabile in Perù di alcune settimane.

Scopro così che il programma prevede di prendere una barca turistica fino ad arrivare all'isola di Taquile, nel bel mezzo del lago, dove la famiglia di Edwin vive da generazioni. Nel pomeriggio gireremo a piedi l'isola, poi dormiremo a casa di Edwin, suoi ospiti. La mattina dopo, altre esplorazioni, un po' di riposo, e poi altra barca per tornare a Puno.

L'isola di Taquile è una strisciolina di terra lunga e stretta, circa 7km, formata da una sequenza di piccole colline. Vegetazione scarsa, qualche ciuffo d'erba gialla, pochi alberi, molti terrazzamenti dove crescono le poche piante adattate a queste altitudini. Casette distribuite qua e là, semplici ma dignitose, equipaggiate con pannelli solari e, piuttosto spesso, con antenne paraboliche per la tv satellitare.

Manuela e Gerri, un po' sofferenti per l'alta quota (nel giro di alcune ore staranno entrambi molto meglio).

La compagnia di Manuela e Gerri è molto gradita e il loro spirito meridionale (lui di Napoli, lei di Trapani, anche se ora vivono a Roma) rende i colori di quel che viviamo ancora più vividi e suggestivi. Tutta la famiglia di Edwin è coinvolta nell'accoglienza degli ospiti: la moglie Flora, i figli Mariluz e Roger, la cognata, il fratello, i genitori. Del resto, le attività degli isolani sono piuttosto limitate. Poca pesca, un po' di agricoltura e allevamento (pecore e mucche), ma soprattutto artigianato e, per chi può, un minimo di turismo. Sull'isola tutti, ma proprio tutti, dal bambino più piccolo all'anzano più decrepito, sanno realizzare complicati articoli d'abbigliamento colorati. Non si fermano mai. La cognata di Edwin (vedi foto in cima alla pagina), non smette mai di torcere il filo per tutta la durata della passeggiata che facciamo con lei. Stessa cosa il nonno la mattina dopo, solo che lui sta preparando un cappello a maglia, manipolando abilmente 5 stecche e vari gomitoli colorati che gli spuntano da dietro le spalle.

Due giorni intensi che ricorderò sempre, sia per le persone incontrate, sia per la magia fuori dal tempo dell'isola.

Il nonno che lavora sulla spiaggia. La sabbia e le onde leggere inviterebbero a buttarsi in acqua, ma siamo pur sempre a 3900m e l'acqua raggiunge a mala pena i 9°C...

I figli di Edwin hanno una certa dimestichezza con tablet e smartphone. Evidentemente chiedono a tutti i visitatori di provare qualche giochino.

Toh, solo poco più di 10mila km da Taquile.

 

4 thoughts on “Vita d’altri tempi sul Titicaca

  1. Sono proprio contento tu abbia potuto gustarti l’esperienza e la magia di Taquile! Io ci ho lasciato il cuore… Buona continuazione di viaggio!!!!

  2. Che invidia, hai visto la “Fata Morgana” sul lago!
    Prova a confrontare le tue foto odierne con quelle di 4 mesi fa, io ti vedo molto cambiato. O magari è solo un effetto delle foto?
    Buon rientro sul Vecchio Continente e buona camminata in Turchia, anche se penso che farà un gran caldo.
    Marina

  3. Il lago Titicaca!
    Non so perché, ma lo uso spesso come metafora di una gran quantità d’acqua, tipo “quella non è una pozzanghera, è il lago Titicaca”! 🙂 Sarà il nome buffo, chissà…
    Mio marito dice sempre che un giorno vorrebbe visitare il Perù, io non l’avevo mai messo nei primi posti della mia personale lista di futuri viaggi ma vedendo le tue foto potrei cambiare idea… anche se mi spaventa un po’ il disagio dell’altitudine.

    • Ciao Stefania. Beh, forse non solo il nome. Il lago è davvero grande e in alcuni punti profondo centinaia di metri. Oltre tutto, è lo specchio d’acqua navigabile più alto del mondo. A parte questo, ammetto di averlo inserito nell’itinerario anche per il nome buffo 😉

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