Giorno 9, mercoledì 25 aprile, Tiebas – Villatuerta

Vento, tanto vento. Di notte, quando vetri e muri dell’ostello di Tiebas ululavano. Di giorno, quando sono partito per l’ultima mezza giornata sul cammino aragonese. Niente di strano da queste parti, è da quando sono finiti i Pirenei che tutte le cime, in tutte le direzioni, sono zeppe di impianti eolici; evidentemente ci sono venti forti, costanti e frequenti. Quello di questa mattina però era particolarmente feroce, al punto da ricordarmi il maestrale della Sardegna e della Corsica. Stessa violenza, stessi ruggiti, stesse difficoltà a rimanere in piedi durante le folate peggiori. Bellissimi i disegni creati dal vento nei campi di grano. Ho girato un breve filmato che, nelle mie intenzioni, avrebbe dovuto catturare le mie impressioni del momento. Ovviamente non ci sono riuscito, comunque, per chi vuole vederlo, è qui (mp4, 9.5M).

Verso ora di pranzo ho camminato gli ultimi metri del cammino aragonese e sono arrivato a Puente la Reina dove avviene la fusione fra i due cammini. Visto che l’ora era propizia e che sono passato davanti ad un ristorante promettente, ho divorato un menù del pellegrino anche a pranzo. Ottima qualità e notevole quantità, per il solito prezzo di 10 euro, tutto compreso. L’unico appunto sul vino: lo servono sempre ghiacciato. Che sia per nascondere qualche difetto?

Dice la guida: Attenzione per voi che vi siete abituati a godere di silenzio, solitudine e pochi incontri, l’impatto con il cammino proveniente da Roncisvalle (soprattutto in primavera ed estate) potrà risultare un po’ traumatico. Effettivamente, mentre pranzavo ho visto passare numerose comitive, ma quando ho ripreso il cammino, verso le 15, quasi tutti avevano già raggiunto la destinazione per la notte. Ho quindi passato il pomeriggio camminando in solitudine, attraverso campi battuti dal vento, calpestando tratti di una antica strada romana, godendo di viste spettacolari.

Pochi minuti dopo aver ripreso a camminare, questo cartello (vedi foto) mi ha fatto riflettere. Probabilmente è lì solo per scherzo ma, oltre a girarmi fisicamente, ho ripensato ai bei momenti di quest’ultima settimana e non solo. Mi sono seduto e per un po’ ho pensato…

Ogni tanto a bordo strada si vedono oggetti strani… Ho tutta una serie di fotografie su questo genere che magari pubblicherò a sprazzi in futuro.

Due parole sull’ostello di questa sera. Intanto, stando alla guida, non dovrebbe nemmeno esistere; in Villatuerta è infatti indicato solo un rifugio privato. Ricavato da un vecchio edificio un po’ malmesso (quasi rudere in alcuni punti), l’ostello è gestito da Simone, ragazza brasiliana di lontane origini italiane. Il primo punto da sottolineare è proprio Simone, la sua gentilezza, la sua premura, la sua accoglienza. Ad esempio, quando uno degli ospiti ha raccontato di avere un sacco a pelo troppo leggero per il freddo di questi giorni, gli ha fatto trovare due borse con acqua calda nascoste sotto al cuscino. Il secondo punto è proprio l’ostello in sé. Lungi dall’essere un rudere, la struttura ha carattere e sembra cosa viva. Ci sono tutti i servizi dei migliori ostelli, con un’attenzione ai particolari però unica. Ad esempio, le docce hanno uno speciale diffusore larghissimo che simula l’effetto pioggia. Cosi simili li avevo visto solo negli alberghi a 5 stelle in Cina o durante i viaggi negli USA. I colori degli interni sono vivaci e i luoghi per socializzare hanno l’aria non solo di essere utilizzati regolarmente, ma anche di stimolare con la loro semplicità l’incontro con gli altri. Ho scattato alcune fotografie, ma decisamente non rendono giustizia del fascino del posto, quindi non le pubblico. Da qualche discorso mi sembra di aver capito che Simone e suo marito Miguel hanno difficoltà a far quadrare i conti per quel che riguarda l’ostello. Spero proprio che non debba chiudere, sarebbe una grande perdita.

Stando alla guida, le prossime tappe saranno tutte su terreno facile, con posti di ristoro e possibilità di alloggio ogni pochi chilometri. La mia strategia sarà quindi di iniziare a camminare la mattina, fermarmi quando ho fame o sono stanco e, verso sera, decidere dove fermarmi, seguendo istinto e ispirazione del momento.

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